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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 07:53.

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Chi è il re degli architetti italiani? Se state pensando a Renzo Piano o Massimiliano Fuksas sappiate che i dati di bilancio vi darebbero torto. L'architetto ligure e il progettista romano, portabandiera dell'architettura italiana nel mondo, quanto a ricavi devono cedere il passo allo studio milanese di Antonio Citterio & Patricia Viel, più noto tra gli addetti ai lavori che al grande pubblico. Almeno in base ai dati dichiarati in Italia.

I 10,5 milioni raccolti nel 2009 – gli ultimi numeri disponibili al momento – innalzano il professionista milanese, molto conosciuto per le sue creazioni di design, al primo posto nella speciale classifica dei "fatturati di architettura". Superando di un soffio l'architetto romano, autore della Nuvola in costruzione all'Eur e lo studio ligure che apporrà la sua firma sul grattacielo più alto d'Europa (la Scheggia di vetro, 310 metri), in cantiere a Londra. Con tutta probabilità si tratta di un effetto ottico più che sostanziale. Visto che molta parte dell'attività delle due star italiane viaggia attraverso società registrate all'estero. Capita così per Piano che fa transitare via Parigi incarichi che in valore superano di 5 volte quelli raccolti tramite la base di Genova.

In top 10 figura uno degli studi di maggior talento tra i quarantenni italiani, i genovesi 5+1AA, insieme a professionisti dalla solida esperienza (Progetto Cmr, Studio Amati), e curriculum internazionale (Michele De Lucchi, Dante Benini). Allargando lo sguardo ai primi 20 posti ci sarebbe spazio per citare anche i quarantenni Piuarch – progettisti di "fiducia" della maison Dolce & Gabbana – "grandi vecchi" come Vittorio Gregotti, insieme a campioni dell'architettura sostenibile come Mario Cucinella o Matteo Thun. Finisce invece fuori graduatoria una delle realtà romane più note: lo studio di Gilberto e Tommaso Valle che, operando sul mercato con due ragioni sociali, fattura 1,2 milioni con Studio Valle Progettazione e circa altri 5 tramite un'associazione tra professionisti che non redige bilancio. Fenomeno, peraltro, comune ad altre realtà.

È forse la prima volta, in Italia che si tenta di ragionare sul gotha dell'architettura in termini di bilancio piuttosto che di talento creativo e riconoscimenti internazionali. È vero che ricavi e curriculum non sono garanzia della qualità di un progetto. Ma è anche vero che al di là delle posizioni in graduatoria, la top 10 restituisce il quadro di un sistema molto fragile, difficilmente in grado di reggere il confronto sul piano internazionale, dove primeggiano big con fatturati misurabili in centinaia di milioni e centinaia di dipendenti.

Solo qualche settimana fa la rivista anglosassone Bd ha pubblicato la classifica mondiale degli studi di architettura. Al primo posto figura la giapponese Nikken Sekkei con 1.165 dipendenti e ricavi per oltre 400 milioni, al decimo l'inglese Bdp con 646 architetti e ricavi per 200 milioni. Forse basta questo come termine di paragone.

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