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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 07:51.
L'Italia è il paese che si sacrifica più di ogni altro in Europa per garantire la stabilità dell'eurozona e per lanciare la ciambella di salvataggio agli stati in crisi di liquidità e in pericolo d'insolvenza. Gli importi degli interventi effettuati finora dal Tesoro italiano hanno un valore facciale lievemente inferiore rispetto a quello sopportato da francesi e tedeschi, perché i contributi vengono ripartiti in base al Pil e alla partecipazione al capitale della Banca centrale europea (28% Germania, 21% Francia e 18% Italia circa).
E così sarà anche nel caso del nuovo veicolo salva-stati European stability mechanism (Esm). Tuttavia all'Italia indebitarsi per raccogliere fondi sul mercato costa oramai parecchio più di Francia e Germania e quindi l'aiuto italiano è più impegnativo anche se – come non si stanca di ricordare il ministro dell'Economia Giulio Tremonti – le banche italiane rischiano meno nell'eurozona periferica.
In base agli ultimi dati Bri risalenti al terzo trimestre 2010, il sistema bancario italiano è esposto in Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna per un totale di circa 80 miliardi di euro contro i 570 dei tedeschi e i 440 dei francesi.
È gravato subito sull'Italia un maggior peso quando sono scattati i prestiti bilaterali alla Grecia: il tasso d'interesse della remunerazione dei finanziamenti ad Atene è uguale per tutti gli stati creditori ma fa incassare alla Germania il profitto maggiore, al netto del costo della raccolta tedesca che è più basso. Non è stata accordata una compensazione per mettere tutti i creditori sullo stesso piano: e l'Italia ne ha fatto le spese. Lo stesso discorso vale per l'Efsf. Quando questo veicolo distribuirà il profitto proveniente dal differenziale tra il costo degli Efsf-bond e il tasso d'interesse pagato dall'Irlanda, i conti pubblici italiani ne trarranno minor beneficio rispetto a quelli francesi e tedeschi. E non basta: secondo il Credit Suisse, l'Italia è il finanziatore numero uno. «Il contributo all'Efsf (e in prospettiva all'Esm ndr.) è più costoso per l'Italia quando si calcola il costo del debito per il Tesoro italiano moltiplicato per la quota italiana nel capitale Bce», ha spiegato William Porter managing director CS divisione investment banking Londra, secondo il quale «l'Italia gioca un ruolo-chiave nell'Efsf».
Il CS ha usato il costo dell'assicurazione dei credit default swap (ieri secondo la Cma attorno ai 150 centesimi ieri per l'Italia contro i 40 circa della Germania) per calcolare che all'Italia 1 milione di euro di capitale nei veicoli può costare 3.200 euro in più all'anno.
L'Italia viene inoltre penalizzata maggiormente di Germania e Francia quando i bond dell'Efsf concorrono al calcolo del debito lordo pubblico nelle statistiche Eurostat (a causa della governance della scatola vuota Efsf voluta dalla Germania): questa aggiunta pesa di più tanto più è alto il rapporto debito/Pil del paese finanziatore.
In prospettiva non è escluso che il versamento in contanti necessario per capitalizzare il nuovo veicolo salva-stati Esm ponga l'Italia nuovamente ai primissimi posti per quanto riguarda l'esborso del finanziamento. Ieri sera nulla veniva dato per certo da fonti bene informate sull'entità del capitale: tra 50 e 80 miliardi spalmanti in tre, cinque o più anni. Di sicuro, gli stati coinvolti all'avvio saranno solo quelli appartenenti all'eurozona, esclusi in partenza Grecia e Irlanda (forse Portogallo). Potrebbero esserci alleggerimenti sui contributi degli stati minori ultimi entrati in Eurolandia, tenendo conto del reddito pro-capite. Tutte le quote non sottoscritte saranno ripartite tra i partecipanti, quindi l'impegno italiano potrebbe salire dall'iniziale 17,9% a circa il 19% del capitale Esm. I cui bond, almeno quello, non concorreranno più al calcolo del debito pubblico lordo per Eurostat.
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