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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 18:23.

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Dopo le proteste in piazza il governo siriano annuncia riformeDopo le proteste in piazza il governo siriano annuncia riforme

Il Governo del Medio Oriente che sembrava più impermeabile alla primavera araba cede alle proteste della piazza. La Siria sta valutando la possibilità di annullare lo stato di emergenza in vigore dal 1963, si è impegnato ad adottare misure efficaci contro la corruzione, riformare la legge sui partiti, aumentare stipendi di dipendenti pubblici e privati, migliorare la condizione dei più poveri nel paese. È stato Bussaina Shaaban, uno dei consiglieri del presidente Bashar Assad, ad annunciare le «decisioni importantissime che rispondono alle aspirazioni del popolo» prese dalla Siria. È dal 15 marzo che la Siria, tradizionale paese chiave della pace in Medio Oriente, è oggetto di proteste di piazza che solo quindici giorni fa venivano definite «rare». I quindici morti di ieri si sommano alle proteste di oggi. Il presidente siriano (foto) invece di farsi travolgere come il tunisino Ben Ali e l'egiziano Mubarak annuncia un pacchetto di novità.

Riforme: stipendi pubblici più alti tra il 20 e il 30% e niente più spari in piazza
Le riforme includono la promessa che non si sparerà più sulla folla che manifesta e il miglioramento della condizione dei più poveri nel Paese. Ora bisognerà attendere la reazione della piazza, dopo gli appelli dell'opposizione in rete di una grande manifestazione per chiedere la fine del regime da 48 anni in carica. Fonti di una Ong riferiscono del fermo di Mazen Ddarwish, capo del gruppo di centro destra per la Libertà di espressione.

La Ue interviene sui manifestanti in prigione

Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha richiesto la liberazione immediata dei manifestanti detenuti in Siria e la fine dello stato di emergenza decretato da Damasco, che deve rispondere alle aspirazioni «legittime» del popolo. «Le autorità in Siria devono rispondere alle rivendicazioni e aspirazioni legittime della gente, che chiede riforme politiche e socio-economiche» ha sottolineato Ashton che ha sollecitato «la fine dello stato di emergenza e la liberazione di tutti i prigionieri politici e difensori dei diritti umani». «Il ricorso a munizioni reali e alla forza eccessiva nei confronti dei dimostranti pacifici deve cessare immediatamente e deve essere vivamente condannato», ha precisato

Assad, l'oftalmologo erede di una dinastia più longeva di Gheddafi

Bashar al Assad, attuale presidente siriano, è al potere dal 1994. Sorpreso all'alba da una telefonata della famiglia che lo informava dell'improvvisa morte del fratello maggiore in un oscuro incidente stradale, da Londra dove si era appena diplomato oftalmologo Bashar al Assad è catapultato a Damasco per essere avviato dal padre Hafez, «fondatore della Siria moderna», sulla strada della successione ai vertici di un regime in piedi ormai da quasi mezzo secolo. L'imberbe Bashar, appena 28 anni, si trovò nel giro di pochi mesi iscritto all'accademia militare dove sin dagli anni '60 si è formata la crema degli ufficiali baathisti, e poi trasferito alla scuola di guerra di Damasco per affrettare l'ascesa ai vertici militari e indossare la divisa, quanto mai necessaria per ottenere la legittimazione dell'establishment.
Da quasi undici anni in carica, benchè non si sia ancora scrollato di dosso l'appellativo di «giovane», il sorridente rais siriano, ormai 45 anni, non ha soltanto saputo superare la
difficile transizione ai vertici del potere, ma ha anche dimostrato di saper condurre il Paese attraverso ripetute tempeste regionali, mantenendo però di fatto inalterata la stretta verso ogni forma di dissenso interno. Con il 97,2% dei voti il trentaquattrenne Bashar al Assad era
stato eletto presidente nel luglio 2000 in un referendum confermativo, dopo che nell'arco di una sola notte il parlamento aveva emendato la costituzione che imponeva un capo di Stato non più giovane di 40 anni di età. Da allora il rais «riformatore», succeduto al padre Hafez
al potere dal 1970 e membro del più potente clan alawita (branca dello sciismo) del Paese, è a capo di un regime protetto da una capillare rete di servizi di controllo e repressione e da super addestrati corpi d'elite, tutti in mano ad altri membri della famiglia presidenziale o di clan alawiti alleati degli Assad.
Accuse non confermate di monopolizzare ingenti risorse economiche del Paese e di controllare l'assegnazione degli appalti di importanti commesse straniere in Siria pesano su
altri influenti parenti del presidente, tra i quali spicca il nome dell'imprenditore miliardario Rami Makhluf. Cugino da parte materna di Bashar, Makhluf è proprietario tra l'altro di una delle due compagnie di telefonia cellulare del Paese, la Syriatel, i cui uffici sono stati assaltati a Daraa. Il suo nome, preso di mira dagli slogan anti-regime scanditi questi giorni nel sud del Paese, era salito agli onori delle cronache nel 2008, quando il Dipartimento del tesoro americano lo aveva inserito in una lista nera con l'accusa di beneficiare e facilitare la corruzione pubblica in Siria. Bashar Assad è sposato da undici anni con Assma al Akhrass,
35 anni, conosciuta a Londra dove la giovane lavorava come consulente informatica per la JP-Morgan. Esponente di una ricca famiglia sunnita di Homs e nipote dell'attuale premier siriano Muhammad al-Utri, Assma Bashar appare sempre più di frequente sulle prime pagine dei media governativi e di quelli stranieri, descritta come una «first lady dai modi non appariscenti», che lotta «per la difesa dei diritti dei più deboli della Siria».

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