Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2011 alle ore 09:54.

My24
(Fotogramma)(Fotogramma)

Entrata nel milleproroghe e da lì prontamente uscita dopo l'intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rientrata nel decreto omnibus approvato mercoledì 23 marzo dal Consiglio dei ministri, la norma che voleva aggirare solo per i Comuni con più di un milione di abitanti il taglio dei consiglieri da 60 a 48 e in più alzava il tetto dei componenti della Giunta a 16 è stata infine affossata nella tarda serata di ieri: il decreto arriva alla firma di Napolitano con soli 7 articoli (dal ripristino dei fondi per il Fus alla moratoria per il nucleare, passando per il divieto di incrocio proprietario tv-quotidiani nazionali e per una misura ad hoc per i lavoratori a contratto della regione Abruzzo). Nessuna traccia di consiglieri e assessori.

E a decidere il destino della norma prontamente ribattezzata «salva–Alemanno» – sopravvissuta ancora per qualche ora in quello spazio "grigio" tra l'approvazione del testo in Consiglio dei ministri e la presentazione del testo al Quirinale per la firma – è stata senz'altro la "moral suasion" del Quirinale. Oltre alle forti perplessità dello stesso ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ieri sera i collaboratori del Capo dello Stato facevano notare che al Colle «ancora non è giunto il testo definitivo»: quello, appunto, senza la norma contestata.

Ma il giallo, durato due giorni, è stato sufficiente a provocare la sollevazione delle parti sociali. In mattinata la Confindustria faceva sentire la sua voce con un comunicato: «I costi della politica vanno ridotti, non aumentati specie in un momento in cui a imprese e cittadini sono richiesti sacrifici per far fronte ai problemi del bilancio pubblico. Se c'è disponibilità di risorse, queste devono essere utilizzate per investire nella crescita del paese e delle comunità locali». Sulla stessa linea i sindacari, con Cisl e Cigl, e le opposizioni.

A beneficiare della norma poi stralciata sarebbero stati i sindaci di Milano Letizia Moratti (che a maggio rinnova la Giunta) e di Roma Gianni Alemanno. Il sindaco della Capitale, in particolare, attendeva con trepidazione un via libera perché a fine maggio è attesa la sentenza del Tar sulle quote rosa: le opposizioni hanno fatto ricorso contro la presenza di una sola donna tra i 12 assessori romani dal momento che lo statuto capitolino prevede «equilibrio» tra i due sessi. Solo un allargamento della Giunta potrebbe permettere ad Alemanno di fare posto a qualche donna senza aprire una crisi irreversibile in una maggioranza già in bilico (32 consiglieri su 60). Non a caso il sindaco della Capitale mercoledì era a Palazzo Chigi durante il Consiglio dei ministri ed è apparso molto soddisfatto quando sembrava che la norma fosse entrata nel decreto.

Ma se il Quirinale ha (per ora?) "salvato" il taglio dei consiglieri comunali che scatterà dalle prossime amministrative (si tratta in tutto di circa 7mila posti cancellati tra Giunte e Consigli comunali) e che è stato deciso con la Finanziaria per il 2010 varata da Tremonti a fine 2009, non si può dire lo stesso per altre norme contenute nella stessa Finanziaria. A fine febbraio nel milleproroghe sono rientrate alcune piccole norme che sembrano andare nella direzione opposta a quella di un contenimento dei costi della politica: ripristinati i gettoni di presenza, cancellati nel 2009, per i consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane; ripristinati gli oneri a carico dell'ente locale per i permessi retribuiti degli stessi consiglieri circoscrizionali che siano dipendenti da privati e da enti pubblici economici, permessi che aumentano nel caso di Roma Capitale.

Si tratta, va detto, di misure la cui dimensione non ha un significato macroeconomico. Ma sono comunque misure simboliche. E in politica i simboli hanno la loro importanza.
E il Parlamento? Gli onorevoli, adeguandosi al taglio degli stipendi dei manager del pubblico impiego previsto dalla manovra anti-deficit varata la scorsa estate sempre da remonti, si sono sforbiciati diaria di soggiorno e altre voci portando le loro retribuzioni al livello degli stipendi dei presidenti di Cassazione: mille euro netti in meno in busta paga, senza tuttavia toccare l'indennità (che è pensionabile). E gli ultimi bilanci di Camera e Senato confermano il trend positivo di contenimento della spesa.

La litigiosità dei politici, tuttavia, rema contro: nel 2011 ben due gruppi nuovi a Montecitorio, Futuro e libertà di Fini e il gruppo dei Responsabili formatosi di conseguenza in soccorso di Berlusconi, non potranno che far lievitare i costi. Ogni gruppo ha infatti diritto a un servizio di segreteria, uffici propri e indennità più alta per il capogruppo.
Sicuro segnale di inversione di tendenza sarebbe poi la ventilata revisione della legge Bassanini (decreto legislativo del 20 luglio 1999) che fissa il tetto per la composizione del governo in 60 membri complessivi di cui 12 ministri con portafoglio. Per accontentare le richieste dei Responsabili Berlusconi ha bisogno di sforare il tetto per mettere in sicurezza il suo governo. La trattativa è in corso. E anche su questo Napolitano è stato chiaro: nessun ostacolo tecnico a una modifica della legge Bassanini, purché non si scelga la scorciatoia del decreto. I simboli, appunto, in politica hanno la loro importanza.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi