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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 08:50.

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In un vertice europeo dominato da un lato dal caso del Portogallo, dall'altro dalla crisi libica, passa quasi in secondo ordine l'intesa che va definendosi sul nuovo patto di stabilità e sul patto sull'euro, versione riveduta e corretta dell'orginario «patto per la competitività» targato Germania e Francia. L'accordo che nell'ultimo Ecofin il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha definito come «l'unico possibile per l'Europa e buono per l'Italia» va nella direzione auspicata dal nostro paese.

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha rinnovato il via libera del governo italiano confermandone la soddisfazione, anche se poi in tarda serata lasciando il vertice e raggiunto l'albergo ha confidato ai giornalisti di aver «fatto interrompere la riunione per mezz'ora». Argomento la partecipazione al fondo salva stati. «Chiedetelo a Tremonti», ha commentato il premier.

Il testo della nuova governance contiene il riferimento perentorio sul debito pubblico, ma senza automatismi per quel che riguarda le sanzioni, e soprattutto prevede che la valutazione sia complessiva. Debito pubblico dunque ma anche il livello complessivo dell'indebitamento privato e gli altri «fattori rilevanti». È la linea della Commissione, alla fine accettata anche dal cancelliere tedesco Angela Merkel, alle prese con una nuova importante tornata elettorale.

La trattativa si è intrecciata con le altre rilevanti questioni sul tappeto. Una volta sgombrato il campo dalle decisioni relative all'incremento della capacità effettiva del fondo salva-stati, slittate di fatto a giugno, Angela Merkel ha posto sul tappeto la questione relativa alle modalità di finanziamento del fondo. La linea - secondo indiscrezioni emerse già due giorni fa e confermate ieri sera in margine al vertice - è che la quota tedesca pari a 22 miliardi possa essere dilazionata in cinque anni, quindi cinque rate da 4,4 miliardi. Per l'Italia, che dovrà staccare un assegno di 14,3 miliardi, la soluzione sarebbe ovviamente accolta con favore. In prima battuta, stando a quel che è emerso finora, il Tesoro dovrebbe versare 7,2 miliardi. Poi avrà a disposizione 36 mesi per saldare la quota residua, di pari ammontare.

Per la nuova governance economica europea, è il 2015 l'anno in cui la revisione del patto di stabilità dispigherà a regime i suoi effetti. Tra gli altri fattori rilevanti compare anche la sostenibilità delle finanze pubbliche per effetto delle riforme già operative, a partire dalla previdenza, ma anche la solidità del sistema bancario. Il debito pubblico dovrà essere ridotto di un un ventesimo l'anno della parte eccedente il 60% del Pil, ma senza automatismi. La decisione sull'eventuale procedura per debito eccessivo dovrebbe avvenire caso per caso.

Berlusconi aveva già giudicato con favore nel corso dell'ultimo consiglio europeo l'intesa che andava profilandosi in sede europea. Ieri nessun commento ufficiale. È la Libia a dominare le sue preoccupazioni.

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