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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2011 alle ore 08:12.

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Parigi e Londra: piano per una soluzione politicaParigi e Londra: piano per una soluzione politica

La Nato assume il comando delle operazioni militari in Libia che probabilmente da domani sarà totale, compresi dunque i bombardamenti su milizie e mezzi del regime. Intanto si prepara un'iniziativa franco-britannica sul piano politico-diplomatico. Costretto a ingoiare il rospo del comando Nato, a fare un passo indietro perché isolato nelle sue aspirazioni di "generalissimo" sul teatro libico, il presidente francese Nicolas Sarkozy al termine del vertice Ue di Bruxelles ha pensato bene di spostare l'attenzione dalla guerra a una possibile pace. Peraltro certo non imminente, visto che i piani Nato prevedono una no-fly zone di tre mesi, sia pure passibile di accorciarsi o allungarsi secondo lo sviluppo degli eventi.


«Prima della riunione di Londra David Cameron ed io presenteremo un'iniziativa per dimostrare che la soluzione in Libia non può essere militare ma sarà forzatamente politica e diplomatica» ha dichiarato il presidente francese. Invitando tutti i libici a partecipare alla ricerca di un nuovo futuro. «Tutti, anche quelli che vogliono abbandonare Gheddafi e i suoi progetti folli e sanguinosi potranno partecipare alla costruzione della nuova Libia». Appello alla diserzione, dunque, nella speranza che quello che non possono i bombardamenti a tappeto, lo facciano le scelte degli uomini. Il premier inglese Cameron ha battuto sullo stesso tasto ma giocando sui rischi che i lealisti del colonnello stanno correndo: «Un processo all'Aja per crimini di guerra».


Martedì a Londra si ritroveranno i ministri degli Esteri del "gruppo di contatto", cioè dei paesi della coalizione dei volonterosi affiancati dal collega turco e dal segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, oltre che, ha precisato Sarkozy, dai rappresentanti degli oppositori libici, della Lega araba e dell'Unione africana. La speranza è fare terra bruciata intorno a Gheddafi, mantenere l'iniziativa politica possibilmente facendo ombra alla Nato. Il guaio è che, nel suo entusiastico e indefesso attivismo, anche ieri Sarkozy ha esagerato, come gli capita troppo spesso. Suscitando ira e indignazione molto esplicita in Germania. Dopo aver sottolineato che il pronto intervento dei jet francesi in Libia «hanno evitato una nuova Srebrenica», si è lasciato prendere la mano e ha aggiunto: «La Francia chiede che ai civili che protestano non si risponda con la violenza. È loro diritto farlo. E comunque tutti i leader, arabi in particolare, devono capire che d'ora in poi la reazione della comunità internazionale e dell'Europa sarà sempre la stessa».


Parole molto pericolose nel giorno in cui la repressione si scatena in Siria e nello Yemen. «Sono molto preoccupato da queste affermazioni. Metto in guardia l'Europa dall'ipotizzare interventi militari dovunque, nel mondo arabo e in Nordafrica, ci siano ingiustizie. E' una discussione pericolosa che potrebbe avere conseguenze pericolose per tutti» ha commentato allarmato Guido Westerwelle, il ministro degli Esteri tedesco. Dopo che la Germania si è rifiutata di intervenire contro Tripoli, ci mancava giusto che la Francia dichiarasse implicitamente guerra a mezzo mondo. Di sicuro una gaffe clamorosa che non farà bene a nessuno: non alla Francia né ai già difficili rapporti dell'Europa con il mondo arabo. Per non parlare di quelli della Nato.
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