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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 15:47.

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Arriva in «Gazzetta Ufficiale» il decreto del Viminale che sposta al 30 giugno il termine entro il quale i sindaci devono approvare i bilanci preventivi di quest'anno. Il maxi-rinvio, che supera le proroghe rituali degli scorsi anni nel tentativo di allineare i conti con le somme messe in gioco dal federalismo municipale, arriva mentre sembra riaprirsi la partita sul nuovo fisco dei sindaci.

La rimodulazione dei tagli ai trasferimenti concessa alle regioni per spuntare l'accordo sul «loro» decreto, insieme al rinvio al 2013 dello sblocco delle addizionali, ha riacceso la polemica dei comuni, che non hanno ottenuto sconti ma possono ritoccare da subito le loro aliquote: fare i bilanci con le tasse, però, non piace a nessuno, soprattutto in un anno che porta alle urne a maggio circa un sesto delle amministrazioni locali.

Appena conosciuti i termini dell'accordo con i governatori, il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha chiesto al premier un «incontro urgente», ma oltre ai livelli di finanziamento c'è anche qualche meccanismo previsto dal federalismo municipale a preoccupare i sindaci. Dalla struttura dei tributi immobiliari, che "punisce" le imprese (costrette a pagare tutto l'innalzamento dell'aliquota Imu rispetto all'Ici attuale) e rischia di aumentare i dislivelli nelle entrate fra comune e comune, all'inserimento delle città metropolitane nel capitolo dedicato alle province, i temi caldi sono molti, e l'approvazione del decreto sulle regioni ha cambiato il clima. In gioco c'è l'atteggiamento dialogante del Pd, che anche il Carroccio potrebbe essere tentato di sfruttare per garantire una vita più tranquilla all'attuazione della riforma. Lo stesso ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, che ha fatto della trattativa l'arma principale per potrare avanti i decreti, non nega la possibilità di correttivi. «Nessuna chiusura», ha spiegato ieri al Sole 24 Ore, tanto più che il calendario già contempla la revisione del prelievo per il servizio rifiuti e la scrittura del provvedimento che dovrà provare a rilanciare l'imposta di scopo.

Tornando ai bilanci, però, i punti interrogativi si concentrano sulla colonna delle entrate. Il decreto sul fisco municipale assegna già da quest'anno ai sindaci 2,8 miliardi di Iva, ma la distribuzione è ancora da definire. Anche la cedolare secca, che è destinata per il 21,7% alle casse municipali, è per il momento difficile da quantificare, anche perché è cruciale il calendario della sua attuazione: senza un provvedimento delle Entrate, infatti, per i proprietari non è possibile abbandonare l'aliquota progressiva e optare per la tassa piatta.
Nella «Gazzetta Ufficiale» di ieri è finito anche il decreto del ministero dell'Interno con i nuovi rapporti medi di riferimento per gli organici dei comuni in dissesto. I parametri indicano un dipendente ogni 130 abitanti per i comuni fino a 3mila residenti (con l'eccezione mini-enti con meno di mille persone), e 1/75 per i capoluoghi che contano più di 250mila cittadini.

I PROBLEMI APERTI
- Compartecipazione Iva
Rimane da definire la quota di compartecipazione Iva che sarà assegnata a ogni comune; una risoluzione varata con il decreto sul fisco municipale prevede la ripartizione del gettito Iva regionale in misura proporzionale al numero degli abitanti di ogni comune, ma mancano ancora i dati
- Cedolare secca
Ai comuni è assegnato anche il 21,7% del gettito della cedolare secca sugli affitti. Per consentire ai proprietari di optare per questo regime serve però un provvedimento dell'agenzia delle Entrate
- Patto di stabilità
Non è stato ancora pubblicato il decreto sugli «sconti», approvato a febbraio in conferenza Stato-Città

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