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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 08:12.

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ROMA
Le differenti "sensibilità" all'interno del Governo sul conflitto libico e sulla gestione dell'emergenza immigrati tornano a manifestarsi in modo evidente di fronte alla proposta del ministro degli Esteri Franco Frattini di mettere a disposizione una "dote" di 2mila–2.500 dollari per ogni immigrato arrivato in Italia con i barconi provenienti dalla Tunisia che accetti volontariamente di rientrare nel suo paese. Un'ipotesi immediatamente contestata dalla Lega, ma criticata, seppure per ragioni differenti, anche dall'opposizione. «Ma che pagare, io non gli darei niente, li caricherei e li porterei indietro», attacca Umberto Bossi, sottolineando che non solo bisogna trattare gli immigrati da clandestini, ma che, se dovessero tornare, bisognerebbe rispedirli nuovamente nel loro Paese. «Un'idea assurda, non so a chi possa essere venuta, tornerebbero tutti indietro per prendere altri 2.500 dollari e sarebbe un continuo ping pong pagato da noi...», rincara la dose Roberto Calderoli.
Sul fronte degli immigrati tunisini, la linea "dura" della Lega trova comunque un inaspettato sostegno nell'opposizione. «Abbiamo sempre detto - ricorda il leader dell'Udc Pierferdinando Casini - che i rifugiati, quelli che scappano dai Paesi in guerra, vanno accolti. I tunisini non mi pare invece siano a rischio e vanno rispediti al mittente». E anche per Francesco Rutelli, leader dell'Api, «è giusto accogliere i rifugiati, chi chiede asilo politico, ma è giusto rimandare indietro coloro che hanno una migrazione per motivi economici all'origine del loro viaggio». I centristi fanno poi notare l'inutilità della dote di 2.500 dollari ipotizzata da Frattini, quando per essere traghettati in Italia dai trafficanti di persone gli immigrati «sono disposti a pagare tre volte tanto...». L'idea di favorire i rimpatri attraverso una somma del genere è duramente criticata dal presidente del Pd Rosy Bindi, che la considera «un obolo insufficiente e, oltretutto, anche offensivo».
Bossi ha bocciato anche la proposta del Pd di un ministero dell'Immigrazione: «Macchè ministero. Ci penso io all'immigrazione e vedete che va tutto a posto», avverte. Come spesso è accaduto, la posizione intransigente del leader della Lega sembra destinata a garantire al suo elettorato che il Carroccio non intende mollare su questo fronte. E, in particolare, che le migliaia di immigrati che anche in queste ore stanno sbarcando a Lampedusa non andranno nelle Regioni del Nord. Prima di Bossi, il nervosismo della Lega era già emerso dalle parole del vice presidente dei senatori Sandro Mazzatorta: il rimpatrio volontario assistito, aveva detto, è «un obiettivo da noi condiviso ma a condizione che per la realizzazione di questo progetto siano utilizzati esclusivamente i soldi del fondo dell'Unione europea». Una condizione che solo poco prima era stata confermata da un comunicato congiunto Farnesina-Viminale: i costi per l'operazione rimpatrio, precisava la nota, non sarebbero ricaduti sulle finanze italiane.
L'offerta dell'Italia per fermare l'ondata di migranti non riguarda solo i rimpatri assistiti. Nell'incontro di venerdì a Tunisi, Frattini e Maroni hanno infatti messo sul piatto un consistenze pacchetto di aiuti. «Da un lato - spiega il ministro degli Esteri - abbiamo offerto un sostegno per il bilancio del Paese, con una linea di credito da 95 milioni di euro. E dall'altro abbiamo predisposto un pacchetto di aiuti che incida sui settori che hanno un valore aggiunto, a cominciare dalle piccole e medie imprese». L'Italia è anche pronta a fornire «fuoristrada, motovedette e radar», per un aiuto complessivo di ulteriori 70 milioni. L'opposizione, però, contesta l'intera azione del Governo. «Abbiamo una politica dell'immigrazione che, ostruendo i canali di quella legale, genera clandestinità e produce insicurezza. Serve perciò una profonda rivoluzione delle politiche con cui si decide chi può rimanere in Italia», sottolinea Massimo D'Alema, proponendo di considerare «tutti rifugiati» i 20mila arrivati in questi primi mesi dell'anno dal Nord Africa e avanzando il sospetto che «la visione indegna di un Paese civile di tutta quella gente ammassata a Lampedusa non dispiaccia per ragioni propagandistiche».
A Lampedusa proseguono intanto gli sbarchi e molti altri sono annunciati per le prossime ore. L'isola è sempre più in emergenza: ieri sono giunte circa mille persone, soccorse a bordo di una decina di "carrette", a fronte di 400 trasferimenti con ponti aerei a Bari, Foggia e Crotone. L'unità di crisi ha così deciso di condurre a Linosa i 350 migranti a bordo del primo barcone partito dalla Libia dopo lo scoppio del conflitto. A bordo del natante ormai alla deriva è stato partorito un bimbo, salvato assieme alla madre da un elicottero della Marina militare. Il neonato e la donna sono stati condotti nel poliambulatorio che la Regione ha attivato nell'isola, in serata saranno trasferiti nel Policlinico di Palermo. Un'altra donna incinta di tre mesi, salvata da un elicottoro della Marina, ha poi abortito.
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