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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2011 alle ore 18:47.

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La sede della CEI a Roma (ANSA/CLAUDIO PERI)La sede della CEI a Roma (ANSA/CLAUDIO PERI)

Il riconoscimento degli immigrati come «cittadini», portatori «di diritti e di doveri», è un traguardo che non può essere «ulteriormente dilazionato». Lo hanno sottolineato i vescovi italiani riuniti a Roma nel Consiglio Episcopale Permanente, che oggi hanno dedicato la loro giornata di lavori alla discussione sui tempi proposti dalla prolusioni di ieri del cardinale presidente Angelo Bagnasco.

Necessaria una nuova stagione di inclusione sociale
«Sulla delicata questione dell'immigrazione - si legge in una nota del portavoce della Cei, monsignor Domenico Pompili - la pace e l'accoglienza risultano strettamente collegate: ci si apre all'una, solo se si è aperti anche all'altra. La necessità di una nuova stagione di inclusione sociale che porti al riconoscimento degli immigrati come cittadini, soggetti di diritti e di doveri, è un obiettivo che non potrà essere ulteriormente dilazionato». Il portavoce della Cei ha sottolineato che «il decennio appena avviato sarà l'occasione non tanto per riflessioni accademiche sull'educare quanto piuttosto per concrete esperienze educative che sappiano valorizzare l'ordinarietà della vita ecclesiale per una rinnovata stagione di evangelizzazione».

Sulla questione libica ribadito l'appello al cessate il fuoco
Il Consiglio Episcopale Permanente ha rafforzato la richiesta di fermare l'uso delle armi, contenuto ieri nella prolusione del cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Da parte dei molti vescovi intervenuti, riferisce infatti il portavoce della Cei, «è stato apprezzato l'approccio generale e, in particolare, la trattazione di alcuni temi come lo specifico contributo della Chiesa al nostro Paese e la richiesta di abbandono delle armi con l'avvio di una soluzione diplomatica per la questione libica».

Parrocchie meno burocratiche
Il Consiglio Episcopale Permanente ha valorizzato nel suo dibattito l'immagine - evocata ieri dal presidente della Cei Angelo Bagnasco - delle parrocchie «come palestre dello Spirito», dove «avvengono miracoli perchè si cerca il Signore», ha riferito monsignor Domenico Pompili. «L'attività pastorale - spiega il portavoce della Cei - non è una distesa polverosa di fatti burocratici che si ripetono, ma una serie provvidenziale di eventi che aiutano le persone ad uscire dall'individualismo, ripartendo dalla realtà. Per far questo - sottolinea Pompili riportando il dibattito tra i vescovi - si richiede anche uno sforzo di pensiero che tragga spunto dalla rivelazione cristiana».

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