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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2011 alle ore 08:50.

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Meeting a quattro senza ItaliaMeeting a quattro senza Italia

È stata una mossa a sorpresa non gradita a Roma e certamente non gratificante per il nostro paese che aspira a giocare un ruolo centrale nell'era post Gheddafi ormai in via di definizione in Libia: Barack Obama, Nicolas Sarkozy, David Cameron e Angela Merkel – persino Angela Merkel che si è astenuta all'Onu sulla risoluzione 1973 – si sono riuniti ieri per una videoconferenza sul caso Libia, per esplorare il da farsi e ascoltare in anteprima le posizioni chiave che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama avrebbe enunciato da lì a poco al Paese in un discorso sulla Libia. Non è chiaro per quale ragione Obama abbia deciso di escludere l'Italia: per pressione dei francesi? Perché non voleva allargare troppo il gruppo? Perché ritiene che l'uso delle nostre basi sia scontato? Certo la sua non è stata una bella azione sul piano diplomatico visto che il nostro Paese e il nostro governo sono fra quelli che più d'altri stanno sostenendo il costo dell'attacco in Libia, per le divisioni interne, per l'uso delle basi per le nostre missioni aeree dirette e per il costo in termini di immigrati illegali. Alla notizia di questa conferenza il ministro degli Esteri Franco Frattini ha commentato: «L'Italia non sente affatto la sindrome dell'esclusione. Che Roma non abbia partecipato a questa videoconferenza non rappresenta "uno schiaffo" al governo italiano».

Ci sono molte spiegazioni per questa convocazione improvvisa fra gli alleati. Obama ha pronunciato poco dopo all'America un discorso sulla Libia, ha giustificato l'intervento, ha chiarito che non si tratta di una guerra, ha rivendicato un passaggio perfetto delle consegne con la Nato e con gli alleati e ha attaccato chi gli diceva di fare troppo poco quando preparava dietro le quinte la risposta militare a Gheddafi, mentre ora lo accusano di aver fatto "troppo". Con il colloquio Obama ha potuto dire di aver parlato con gli alleati, rafforzando l'impronta multilaterale dell'operazione di guerra in Libia. La Merkel, che si è astenuta nel voto all'Onu suscitando scandalo e raccogliendo domenica la punizione elettorale dei suoi concittadini, ha potuto sfruttare l'evento per risollevarsi un po'. Sorprende che il nostro governo abbia annunciato un'azione italo-tedesca quando la Germania taceva ed era già chiaramente pronta a sfilarsi per unirsi ai Gran Bretagna e Francia.

Fonti diplomatiche vicine all'amministrazione affermano che abbiamo pagato nontanto per gli incidenti giudiziari di Berlusconi, quanto per l'incertezza con cui il nostro governo si è comportato in questa crisi libica, «...sempre dentro ma sempre fuori...». Un modo per recuperare? Semplice: l'Italia potrebbe ritrovare il suo attivismo nella regione. Un viaggio a Bengasi di Frattini ad esempio, prenderebbe in contropiede i francesi che cercano di conquistare quanta più credibilità possibile sia in Libia, fra gli insorti, che nel mondo arabo in genere. Tutto ciò pensando anche agli interessi futuri che matureranno con la ricostruzione e i vari cambi della guardia. Che il nostro paese manterrà la "barra dritta" lo ha comunque confermato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a colloquio con il Segretario Generale dell'Onu Ban Ki Moon.

Fonti autorevoli riferiscono che c'è stata convergenza fra la posizione italiana e l'interpretaizone autentica della risoluzione 1973 offerta dal Segretario Generale: la risoluzione nega qualsiasi legittimità a Gheddafi. E il presidente Napolitano richiamando le conclusioni del consiglio supremo di difesa del 9 marzo ha confermato che l'Italia «adotterà tutte le misure necessarie chieste dai competenti fori internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite». Come dire offriamo le basi, ma siamo pronti a fare di più.

Il ministro Frattini ha anche spiegato che non esiste nessun asse italo-tedesco che si voglia contrapporre a quello franco-britannico e ha precisato: «Sono idee che ho condiviso con altri colleghi», aggiungendo di aver avuto una telefonata chiarificatrice con il collega francese Alain Juppé. In cima all'agenda, spiegano alla Farnesina, ci sono gli aspetti che dovranno poi regolare il cessate il fuoco, la partecipazione inclusiva delle diverse componenti della società libica a questo dialogo di riconciliazione nazionale che è anche il presupposto per l'uscita dalla crisi.

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