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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 18:28.

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Arrestato il domestico filippino di Alberica Filo della Torre. Incastrato dopo 20 anni dal Dna. Nella foto Manuel Winston Reves, domestico della contessa Alberica Filo della Torre all'epoca dei fatti (LaPresse)Arrestato il domestico filippino di Alberica Filo della Torre. Incastrato dopo 20 anni dal Dna. Nella foto Manuel Winston Reves, domestico della contessa Alberica Filo della Torre all'epoca dei fatti (LaPresse)

Un domestico che uccide per problemi di denaro la padrona di casa, nella camera da letto della donna. È durato quasi venti anni il giallo dell'Olgiata: ieri sera il filippino Winston Manuel Reves, 40 anni, una moglie e tre figli, residente da anni a Roma, è stato fermato dai carabinieri della Capitale per l'omicidio della contessa Alberica Filo Della Torre, uccisa il 10 luglio del 1991 nella camera da letto della propria abitazione, all'Olgiata.

Il Dna
A portare all'arresto del domestico filippino, che all'epoca aveva lavorato per circa due mesi nella villa all'Olgiata in sostituzione di un altro domestico, è stato un rapporto del Ris, il reparto di investigazioni scientifiche dei carabinieri, che ha "incastrato" il filippino grazie a una traccia di Dna trovata sul lenzuolo usato per strangolare la donna. Il rilievo biologico è di appena due centimetri quadrati e, secondo i Ris, è perfettamente coincidente con il Dna di Winston. Il filippino aveva lavorato alcuni anni fa anche per il presidente della Ferrari ed ex presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo. Tre anni fa era stato assunto come autista di una famiglia romana facoltosa che ha due bambini.

Il movente
Secondo gli inquirenti, il movente del delitto andrebbe ricercato nei contrasti che l'indagato aveva con la contessa, in particolare potrebbe essere una questione legata ad un prestito non restituito di circa un milione e mezzo di lire. L'uomo ha anche chiamato "Alberica", come la contessa morta, la propria figlia, nata nel '95. Un dato, riportato anche nel decreto di fermo firmato dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e dal pm Maria Francesca Loy, che gli inquirenti considerano piuttosto singolare.

La reazione di Mattei
Manuel era indagato sin dalla riapertura dell'inchiesta, dopo l'esposto del marito della nobildonna, Pietro Mattei, che ha commentato la svolta nella vicenda dicendo: «Sono soddisfatto perché è stato trovato l'assassino di mia moglie e perché sono state dissipate definitivamente le insinuazioni e le illazioni infondate sulla mia famiglia».

Il nome di Manuel era più volte comparso nell'inchiesta. Per molto tempo investigatori avevano cercato la prova principe carico di Winston, ma anche l'incidente probatorio svolto sulla macchia di sangue trovata sui jeans che il filippino aveva indosso così come la ferita al gomito, non aveva portato un risultato diverso, netto, semplice. Le verifiche, i controlli, sul lenzuolo che strinse il collo della contessa, non erano allora, all'inizio degli anni '90, così sofistificati, raffinati come adesso. E così ogni volta uomini sul campo e magistrati si ritrovavano con il vicolo cieco di sospetti, ipotesi, dubbi da chiarire.

Archiviazione in vista per Roberto Iacono
Altro indagato storico per l'omicidio della contessa Alberica Filo Della Torre è Roberto Iacono, figlio dell'insegnante di inglese dei figli dei coniugi Mattei. Adesso per la sua posizione i pubblici ministeri chiederanno l'archiviazione. È certamente lui una delle vittime del mistero che per anni si è annodato su se stesso. Così come gli accertamenti sugli affari del marito di Alberica, l'imprenditore Pietro Mattei, o dell'amicizia della famiglia con un funzionario del Sisde.

«Oggi c'è grande soddisfazione. È una giornata di sollievo senza dubbio. Per 20 anni Jacono e i suoi familiari hanno dovuto aspettare che la giustizia facesse luce. E aspettare è stato pesante. Perché su di lui è rimasta sempre un'ombra di sospetto. La stampa già dopo pochi giorni lo dava come sicuro responsabile. Per fortuna, però, tutte le analisi e i riscontri hanno smentito nel modo più sonoro questa convinzione». Così ha affermato l'avvocato Alessandro Cassiani, difensore di Roberto Jacono.

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