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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 20:13.

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(Epa)(Epa)

La madre di tutte le partite di cricket è India-Pakistan: un derby, se non ci fossero state tre guerre tra i due Paesi dall'Indipendenza del 1947, e se lo sport non fosse investito della responsabilità di avvicinare indiani e pakistani quanto nessuna diplomazia riesce a fare. Nulla oltrepassa quel confine più della passione sfrenata verso il cricket, uno dei tanti legami etnici, religiosi e culturali dopo centinaia e centinaia di anni di storia comune. Da giorni di qua e di là della frontiera non si parla d'altro: e si calcola che la partita – semifinale dei Mondiali in corso in India – sia stata seguita da un miliardo di telespettatori. In Pakistan la Borsa di Karachi ha chiuso le contrattazioni un'ora e mezza prima del solito, in India i broker di Mumbai si sono fermati già di primo pomeriggio. Molte aziende hanno dato ai dipendenti il pomeriggio libero, come la Reliance Infrastructure di Anil Ambani che peraltro era tra i Vip sugli spalti; la Castrol India ha permesso ai suoi di arrivare al lavoro in blu, colore della squadra indiana. Alle due e mezza ora locale il fischio d'inizio a Mohali, India del Nord, non lontano dalla frontiera con il Pakistan.

La politica ha subito approfittato dell'occasione. C'è chi sostiene che invitando al match il premier pakistano Yusuf Raza Gilani, l'indiano Manmohan Singh abbia voluto distogliere l'attenzione dai guai del proprio Governo, che sta scivolando da uno scandalo per corruzione all'altro. Ma in passato il cricket è sempre stato un appiglio per resuscitare il dialogo, e anche questa volta non può che accendere la speranza, accompagnando con i gesti un contenuto da costruire altrove.

Così Manmohan Singh – e con lui la leader del Congress Party Sonia Gandhi e il figlio Rahul – ha salutato i giocatori insieme a Gilani, insieme hanno applaudito l'inno nazionale degli avversari e si sono stretti la mano: da qui si riparte per riprendere la strada interrotta nel novembre 2008, quando un commando di terroristi venuti dal Pakistan attaccò Mumbai, uccidendo 164 persone. Ancor prima della conclusione del gioco, il Foreign Secretary indiano Nirupama Rao ha definito «estremamente positivo e incoraggiante» l'incontro tra i due premier: in attesa dei negoziati veri e propri tra i ministri degli Esteri, in programma a luglio. «Manmohan Singh è un grande politico – aveva detto Gilani prima del match – vuole fare qualcosa per la pace e la prosperità di questa regione, siamo entrambi impegnati a migliorare il clima e a servire la gente».

Dopo otto ore e mezza, l'India ha avuto la meglio, e ha battuto il Pakistan per 29 runs, 260 contro 231. In finale giocherà contro lo Sri Lanka, il 2 aprile. L'altra partita, quella per la pace, si dovrà vincere insieme.

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