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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 06:37.

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TOKYO. Dal nostro inviato
Il team di esperti coordinato dalla protezione civile venuto dall'Italia e le autorità diplomatiche hanno rassicurato la comunità imprenditoriale italiana di Tokyo: il culmine del rischio è passato e riguarda ancora la zona intorno alla centrale nucleare di Fukushima; nella metropoli ora si può, anzi si deve, ricominciare. A chi continua ad avere qualche dubbio sul fatto che il governo giapponese dica tutto sulla crisi nucleare, è stato fatto notare che mai le rilevazioni di radioattività effettuate dai nostri tecnici si sono discostate dai valori ufficializzati e mai hanno indicato livelli di pericolo.
Il punto è stato fatto in un incontro all'ambasciata che è diventato l'occasione di un confronto sulle sfide poste alle aziende nel contesto post-terremoto. La prima riguarda il cambiamento delle abitudini in atto nei consumatori giapponesi: il cosiddetto “jishuku”, un volontario atteggiamento di freno e rinuncia provocato dalla catastrofe nazionale. «Un sentimento del lutto che penalizza il lusso», l'ha definito il presidente della Camera di commercio in Giappone (e direttore esecutivo di Armani Japan) Francesco Formiconi, secondo il quale l'intero settore dell'abbigliamento - soprattutto di fascia alta - sta soffrendo. Una situazione aggravata dal fatto che i centri commerciali, per risparmiare energia, fanno orari ridotti.
Se le vendite di auto dovranno fare i conti con il netto calo del mercato, il settore della meccanica potrebbe beneficiare tra qualche tempo non solo dell'attesa ripresa generale, ma di una maggiore diversificazione dei fornitori da parte dei gruppi industriali nipponici. Ci sono più e meno: la Pirelli, per esempio, sconta il dramma dei clienti “terremotati” del Giappone settentrionale, ma trova nuovi ordini nel resto del paese presso chi non riesce a comprare dai concorrenti nazionali con problemi di produzione e consegna. Un sondaggio della Camera indica che le aziende italiane si attendono nel primo semestre un effetto negativo del 15-30%, che si attenuerà nella seconda parte dell'anno fino ad annullarsi nel 2012. Relativamente ottimista è stata l'analisi delle prospettive dell'economia giapponese presentata dal presidente di Schroders Investment Management Japan, Carlo Trabattoni, con l'avvertenza che «sul passo del rilancio inciderà molto quello che quest'anno farà il governo».
Ci sono meno luci in città la sera e la gente esce meno: anche i consumi agroalimentari e di vino sono in diminuzione. Tuttavia si stanno aprendo spiragli per l'import di alcuni prodotti come quelli latteari, le verdure, l'acqua minerale. Nella sua pizzeria di Shirokane, Salvatore Cuomo, uno dei re della ristorazione italiana - con oltre cento locali - afferma che a marzo il calo dei ricavi si aggira intorno al 15%. «Non possiamo lamentarci - aggiunge - visto che ai ristoranti di fascia alta va molto peggio. Noi abbiamo anche una spinta dal servizio di consegna a domicilio, che sta andando bene. Per sei mesi credo che la situazione resterà difficile». Cuomo ha sempre tenuto aperti i suoi ristoranti ovunque possibile: «Qui non abbiamo mai chiuso neanche un giorno - dice - Abbiamo dovuto sospendere il servizio in alcuni centri commerciali rimasti sbarrati e in certi casi abbiamo fatto orario ridotto a causa dei black-out programmati». Non c'è mai stata a Tokyo, dunque, la figura dell'«ultimo pizzaiolo italiano rimasto» o altre amenità di stampa.
Cuomo rivela infine di essere impegnato in un cambiamento di fornitori (“Prendiamo verdure e altre materie prime dal sud e non più dal nord”) e che, se i costi fissi restano, i prezzi all'ingrosso hanno ceduto, a partire dal pesce. Anche ieri, nel mare davanti alla centrale di Fukushima, la radioattività è risultata alta. Molti consumatori hanno cominciato a non fidarsi, specie del sushi. Così i prezzi non sono saliti anche se lo tsunami ha distrutto molti centri di pesca. La Camera di commercio e altre associazioni a Tokyo hanno varato una raccolta di fondi denominata «Italiani in Giappone per la rinascita del Tohoku». C'è da sperare che l'iniziativa pubblico-privata pro-Giappone di domani alla Farnesina contribuisca a sbloccare le difficoltà - iniziate dalla burocrazia giapponese - per cui si è creata una strana situazione: paesi come l'Afghanistan e il Sudan hanno dato o promesso aiuti finanziari o materiali. L'Italia, ufficialmente, ancora nulla.
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