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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2011 alle ore 08:12.

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Mps verso la ricapitalizzazioneMps verso la ricapitalizzazione

FIRENZE - L'incontro decisivo sarà mercoledì prossimo al ministero del Tesoro. La Fondazione Monte dei Paschi sta per affrontare uno dei passaggi più difficili della sua giovane esistenza da quando, nel 1995, ha scorporato e conferito l'attività creditizia in Banca Mps. Accompagnerà l'azione di rafforzamento patrimoniale del gruppo di Rocca Salimbeni senza diluire in modo significativo il pacchetto di azioni in suo possesso (45,7% del capitale ordinario e 55% di quello complessivo). E lo farà anche a costo d'indebitarsi.

Il silenzio che su questo punto si avverte a Siena, città storicamente pronta a prendere posizione, soprattutto in una fase pre-elettorale (a maggio viene rinnovato il consiglio comunale, istituzione determinante per tracciare le linee d'indirizzo della Fondazione), è indicativo del grado d'incertezza del momento. Nessuno dei protagonisti in gioco vuole pronunciarsi.

Il sindaco uscente, Maurizio Cenni, dipendente del Monte in aspettativa, da qualche mese rientrato in banca con un orario di lavoro part time, un paio d'anni fa aveva chiesto alla Fondazione una maggiore diversificazione del portafoglio, troppo concentrato sul settore bancario (il titolo Montepaschi, in bilancio a un valore di 4,8 miliardi, rappresenta da solo l'86,8% del patrimonio contabile).

L'input politico, naturalmente, è sempre stato di non scendere sotto il 50,1% nel capitale della banca: «Le nostre colonne d'Ercole», come disse una volta il presidente della Fondazione, Gabriello Mancini. Dal 2008 a oggi, cioè dall'operazione Antonveneta che alla Fondazione costò 3 miliardi, la direzione di marcia è stata però contraria. Per giunta in una fase di dividendi calanti (164 milioni complessivi nell'ultimo triennio). Adesso si profila un nuovo impegno economico per circa un miliardo e, forse, la necessità di chiedere un finanziamento esterno.

Sulla base del proprio statuto, la Fondazione Mps può indebitarsi fino al 20% del patrimonio, cioè esattamente per un miliardo e, nel limite del 10% del patrimonio, addirittura con lo stesso Montepaschi. La questione è all'ordine del giorno, ma alla fine è probabile che la richiesta di denaro fresco non superi i 2-300 milioni. Il resto (tra 500 e 700 milioni) arriverà dalle disponibilità liquide e dagli investimenti immediatamente smobilizzabili. È la prospettiva di queste ore, alla vigilia della settimana che si preannuncia decisiva sul fronte del rafforzamento patrimoniale delle banche, Monte dei Paschi compreso, il cui aumento di capitale sarà con ogni probabilità nell'ordine dei 2 miliardi, sufficiente cioè a coprire la restituzione anticipata dei Tremonti-bond (1,9 miliardi che rientreranno al Tesoro già nel 2011).

La strada più lineare per la Fondazione sarebbe quella di cedere una parte del pacchetto di azioni privilegiate Montepaschi, pari al 10% del capitale complessivo della banca, e magari anche qualche altra partecipazione non strategica, come lo 0,42% di Intesa Sanpaolo, a sua volta soggetto al prossimo aumento di capitale da 5 miliardi del gruppo milanese, che per Siena vorrebbe dire un ulteriore esborso di 21 milioni.
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