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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 06:38.

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Per un attimo tutti pensano a un pesce d'aprile, a scoppio ritardato e di cattivo gusto, da parte della Tokyo Electric Power: dopo giorni di tentativi a vuoto per cercate di tappare una falla che dai condotti dell'edificio del reattore numero due riversa acqua radioattiva in mare, arriva l'annuncio-shock della Tepco: 11.500 tonnellate di acqua radioattiva stanno per essere gettati nel Pacifico.

La successiva spiegazione appare convincente sul piano tecnico ma non è bastata a dissipare le apprensioni internazionali sulla crescente contaminazione dell'area marina antistante la centrale.

La Tepco dichiara di dover svuotare 10mila tonnellate di acqua contenuta in alcuni serbatoi (più altre 1.500 tonnellate presenti nei sotterranei) per poter procedere allo stoccaggio dell'acqua molto più contaminata rinvenuta nei locali delle turbine dei reattori: un passo necessario, insomma, per accelerare il lavoro principale dei tecnici. «La nostra priorità è quella di evitare che acqua altamente radioattiva finisca in mare», ha dichiarato il capo di gabinetto Yukio Edano, dopo aver definito «inevitabile» lo sversamento di acqua con livelli di contaminazione «limitati» ma pur sempre tra le 100 e le 500 volte oltre il limite legale.

Alcuni esperti hanno spiegato che la concentrazione di sostanze radioattive viene sostanzialmene diluita prima che l'acqua arrivi a contatto con i sistemi di biologia marina, ma in tutto il mondo si è acceso un vivace dibattito in proposito. In compenso, la Tepco ha fatto trapelare un piano per la realizzazione di barriere in mare per contenere la diffusione della contaminazione. Edano ha anche dato un altro dispiacere agli ambientalisti, facendo intendere per la prima volta che il Giappone verrà meno ai suoi impegni internazionali sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera: il piano per la riduzione del 25% entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990) delle emissioni nocive andrà rivisto in quanto il programma nazionale di forte espansione dell'energia nucleare dovrà essere ridimensionato. Una prospettiva che non vale solo per il Giappone: da Parigi, il direttore esecutivo del l'Agenzia internazionale del l'energia Nobuo Tanaka ha ammesso proprio ieri che i target per contenere l'effetto-serra saranno «più costosi», ossia di più difficile attuazione per tutti.

La terza mossa di ieri di un Giappone che sconta nuovi danni alla sua immagine internazionale è venuta da Naoto Kan: il premier ha telefonato al presidente della Commissione Ue Barroso per chiedere che l'Europa agisca in maniera «razionale» e non esagerata sul fronte delle importazioni alimentari dal Giappone. Tokyo è in difficoltà di fronte alla richiesta di una sorta di certificato di non radioattività, mentre la contaminazione si espande. Ieri lo stop alla commercializzazione di alcuni vegetali è stato esteso a tre distretti nella provincia di Chiba, che confina con Tokyo: per evitare di dover allargare il provvedimento all'intera provincia, il governo ha fatto sapere che d'ora in poi i divieti saranno decisi distretto per distretto, e non su base provinciale, anche nelle prefetture più colpite. Il che tutela i contadini ma complica ancora di più la gestione internazionale dell'emergenza alimentare.

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