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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 17:40.

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Nel Sol Levante è corsa al certificato di non-radioattivitàNel Sol Levante è corsa al certificato di non-radioattività

IWAKI (provincia di Fukushima) - «Vorrei un certificato di non radioattività». «Prego si accomodi», dice il funzionario in tuta bianca integrale. Tre suoi colleghi (non in tuta) procedono con i loro aggeggi a un accurato screening per tutto il corpo, palmo e dorso della mano, suola delle scarpe, risvolto dei vestiti. «Ecco il certificato, lo compili pure lei». Il fenomeno sta prendendo piede in tutta la provincia di Fukushima, lasciando perplesse le autorità centrali. Per alcuni, arrivare alla sede del'ispettorato sanitario a Taira (nel centro di Iwaki, 45 chilometri dalla centrale), è un modo per calmare le proprie apprensioni: è bello verificare di non essere radioattivi.

Per altri è una precauzione contro eventuali forme di discriminazione: chi arriva dalla zona di evacuazione di 20 km intorno alla centrale nucleare, o anche dalla zona di rispetto fino a 30 km, puo' trovare difficoltà ad essere ospitato nelle strutture provvisorie di ricovero, se non dimostra di essere passato per un controllo di sicurezza. Ad alcuni cittadini della provincia, poi, è capitato di essere respinti da hotel di altre aree regionali, tanto che è intervenuto il governo a minacciare sanzioni per chi violasse le leggi sull'ospitalità alberghiera. A Tokyo, però, i burocrati guardano con perplessità al proliferare delle emissioni di certificati di non-radioattività in provincia, senza che ci siano linee-guida precise su chi e come debbano essere rilasciati.

Il problema burocratico principale riguarda comunque i controlli sulla radioattività degli alimenti, che sono stati moltiplicati in parallelo all'ampliarsi delle contaminazioni: latte, acqua, vegetali, una partita di carne bovina e da ultimo un pesciolino, il "konago". L'allarme internazionale si estende e il paese vive come una umiliazione i blocchi decisi da molti paesi su alcuni importazioni dal Sol Levante, in teoria limitati ai prodotti di poche provincie ma in pratica più a largo raggio. Per il governo è difficile venire incontro ale richieste di «certificazione di non radiattività» per gli alimenti destinati all'export. Da ultimo, l'allarme si è esteso a tre distretti della provincia di Chiba, vicina a Tokyo. Per venire incontro alle richieste dei contadini, le autorità centrali hanno deciso di emettere (blandi) divieti di commercializzazione non più provincia per provincia, ma distretto per distretto nelle singole provincie. Il che promette di complicare il problema sotto l'aspetto internazionale.

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