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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2011 alle ore 18:53.

E' Jamie Dimon il re dei banchieri americani. L'ultima conferma è arrivata dal compenso dell'amministratore delegato di JP Morgan: è aumentato, nel 2010, del 51% a oltre venti milioni di dollari. Anzi c'è persino qualche dubbio sul valore complessivo del suo pacchetto sulla base della documentazione depositata alle autorità: 20,8 milioni di dollari stando alle stime dell'Associated Press, fino a 23 milioni secondo la Bloomberg. Non cambia la sostanza: Dimon mette in riga tutti gli altri banchieri, seguito da Lloyd Blankfein di Goldman Sachs, con 19 milioni, e da John Stumpf di Wells Fargo, con 17,5 milioni. Per James Gorman di Morgan Stanley non vi sono ancora certezze ma dovrebbe esser stato pagato attorno ai 15 milioni.

Nel 2009 Dimon aveva ricevuto 12,7 milioni, senza bonus. Adesso le voci principali della sua paga comprendono invece, accanto a uno stipendio base da un milione di dollari (che salirà a 1,5 milioni nel 2011), il ritorno di un premio in contanti (il primo dal 2007) pari a cinque milioni, azioni valutate almeno 7,9 milioni e opzioni per circa 6 milioni. Completa la busta paga oltre mezzo milione versate per coprire una serie di spese, da viaggi in aereo a autovetture. Resta tuttavia ancora un miraggio la paga pre-crisi: Dimon intascò 49,9 milioni quatto anni or sono.

I difensori di Dimon sostengono che l'aumento del compenso era dovuto: JP Morgan è la grande banca americana forse uscita meglio dalla bufera economica e finanziaria. L'anno scorso ha riportato profitti record per ben 17,37 miliardi di dollari, in rialzo del 48% sul 2009. Di recente è stato anche uno dei colossi capaci di passare a gonfie vele il nuovo stress test organizzato dalla Federal Reserve per verificare la tenuta dei sistema bancario di fronte a eventuali nuovi scenari recessivi, autorizzato a remunerare i soci con aumenti dei dividendi e riacquisti di titoli propri.

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