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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2011 alle ore 06:37.

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È tutto un gioco di parole. Nessuno s'immagina più che la politica monetaria metta meccanicamente in moto l'economia, muovendo quella che si chiama ancora, non a caso, la "leva" dei tassi.
Le banche centrali hanno un effetto diretto solo su una porzione limitata, anche se più influente di quanto si pensi, del mercato monetario. Perché le loro scelte abbiano un'influenza su larga scala, coinvolgendo tutta l'economia, tutti devono capire che ogni deviazione dalla "rotta" sarà duramente contrastata, persino punita, da un'autorità monetaria attenta prima di ogni altra cosa alla propria credibilità.
Se poi, come avviene oggi, occorre - più che in altri momenti - muovere quasi solo le aspettative, la comunicazione diventa davvero essenziale. La Bce deve ora segnalare la propria determinazione e la propria indipendenza e spingere i Governi, le aziende, gli investitori, i lavoratori, i sindacati - i "signori delle tasse" (indirette), i price setters e le parti sociali - a prendere decisioni spesso decentrate e autonome tenendo conto senza troppi dubbi che l'inflazione resterà nel medio periodo "al di sotto, ma vicino, al 2%". Così come, fino a ora, è stata in media dell'1,97 per cento.
Le parole, soprattutto in questi casi, possono persino fare metà del lavoro: per esempio alzare i tassi di mercato - come è avvenuto nei giorni scorsi con l'Euribor - prima ancora che sia presa una decisione formale. Non a caso anche la Federal Reserve di Washington, in questa fase difficile, vuole comunicare di più e, imitando altre banche centrali, a fine mese esordirà con le sue conferenze stampa trimestrali.
Ecb-speak
Fondamentale, in ogni caso, è la chiarezza: non si deve lasciare spazio a equivoci. Le banche centrali adottano allora - non da molto tempo, a dire il vero - strategie molto precise e molto ampie di comunicazione, usando codici particolari: il Fedspeak - che in origine indicava al contrario il linguaggio oscuro e vago di Alan Greenspan - o l'Ecbspeak. La Bce, anzi, è famosa per usare una serie di parole in codice, messe a punto definitivamente durante il rialzo iniziato alla fine del 2005, per segnalare se e quando intende alzare i tassi d'interesse, la mossa di politica economica più delicata.
Un'avvertenza, però, è necessaria. A differenza di altre banche centrali, la Bce si è sempre tenuta le mani libere e non ha mai preso "impegni" sulle sue decisioni future – è la sua «dottrina», come la chiama il presidente Jean-Claude Trichet. Il codice serve piuttosto a ridurre l'incertezza, il "rumore" direbbero i teorici dell'informazione; e in passato ha funzionato in modo abbastanza preciso.
Strong vigilance
A marzo scorso il comunicato della Banca centrale segnalava per esempio strong vigilance, forte vigilanza, sull'inflazione: è la stessa frase usata a luglio, settembre e novembre 2006 e a febbraio e maggio 2007. Nei mesi immediatamente successivi, invariabilmente, la Bce ha alzato i tassi di 0,25 punti percentuali. Solo a febbraio 2006, alla vigilia della stretta di marzo, ha parlato semplicemente di vigilance, parola usata in precedenza senza particolari conseguenze; mentre a giugno 2008, prima del contestato rialzo di luglio, Trichet descrisse in conferenza stampa - e non nel comunicato - una situazione di heightned alertness, «aumentata attenzione». Era reduce, raccontò, da una riunione del board durante la quale i governatori si erano divisi sull'orientamento da assumere.
Il presidente ieri ha accuratamente evitato la parola «vigilance». Ha preferito avvertire che la banca centrale, sugli effetti di secondo round del rialzo del petrolio e dell'aumento delle tasse indirette, «sta chiaramente segnalando di essere estremamente attenta»: «alert», ha detto, parola non molto diversa da «vigilant», ma più neutra e con meno implicazioni, nell'idioma dell'Eurotower.
To monitor very closely
La Bce ha invece usato ieri per due volte, nel comunicato, un'altra espressione in codice: to monitor very closely, monitorare molto da vicino, i prezzi. Anche questa frase ha avuto una cadenza molto precisa: è stata usata due mesi prima di ogni rialzo. Con una sola l'eccezione: è stata detta a dicembre 2006 e ripetuta a gennaio 2007, prima della stretta di marzo. Un aumento dei tassi a giugno, o al massimo a luglio prossimi, sembra quindi molto probabile, se la situazione non dovesse mutare.
To monitor closely
In astratto c'è anche una terza possibilità, che la Bce non ha rispolverato e che era forse la più attesa: è to monitor closely, monitorare da vicino i prezzi, che in passato ha preceduto di tre mesi un rialzo. Così come è stata evitata la parola appropriate, relativa ai tassi, che avrebbe rivelato l'intenzione di non toccarli. Ha però segnalato, in modo più neutrale, che la politica monetaria è molto accommodative, accomodante, espansiva. Il quadro è insomma abbastanza preciso, sappiamo cosa aspettarci.
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