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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2011 alle ore 16:31.

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Almeno undici ribelli e civili sono stati uccisi nelle ultime 24 ore nei raid dell'esercito di Gheddafi contro la città roccaforte degli insorti a (200 chilometri a est di Tripoli). Sei dei ribelli sarebbero stati uccisi in una moschea colpita da un razzo, secondo un portavoce degli insorti.

Anche la Nato ha sferrato vari attacchi aerei in giornata, distruggendo – secondo un portavoce dell'alleanza atlantica - undici carri armati delle truppe lealiste su una strada che porta alla città di Ajdabiya. "I bombardamenti continueranno tutto il giorno e tutta la notte", ha preannunciato il portavoce che ha richiesto l'anonimato. "Chiaramente, la situazione ad Ajdabiya è disperata e le forze di Gheddafi attaccano la città con armi pesanti", ha aggiunto. Altri quattordici carri armati libici sono stati distrutti vicino a Misurata, assediata dalle forze fedeli al colonnello Gheddafi da più di un mese, ha detto.

La contraerea del Colonnello nel frattempo ha abbattuto nei cieli di Brega due elicotteri degli insorti che avevano violato la no-fly zone imposta dalla risoluzione Onu del 19 marzo scorso. Lo ha affermato il vice
ministro degli Esteri di Tripoli, Khaled Kaaim, che ha criticato le forze Nato per aver consentito il raid. "La nostra domanda alla Nato è: questa risoluzione riguarda soltanto il governo libico o le due parti? La Nato èdiventata una parte del conflitto sostenendo i ribelli?".

Intanto l'Unione Africana ha ribadito l'appello alla «fine immediata di tutte le ostilità» in Libia. I cinque leader africani, graditi da Muammar Gheddafi come mediatori nel conflitto, hanno di nuovo invitato le parti al «dialogo» e a consentire l'accesso degli aiuti umanitari nelle zone di guerra. Un primo appello era arrivato il 19 marzo scorso, quando i mediatori, guidati dal presidente della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz, proposero l'avvio di un periodo di transizione segnato da «riforme politiche».

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