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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2011 alle ore 22:11.

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Hosni Mubarak è caduto e il nuovo Egitto è pronto ad aprire «una nuova pagina» con l'Iran, dopo 30 anni di relazioni conflittuali. Lo ha affermato, sorprendendo non poco gli Stati Uniti e Israele timorosi di svolte pericolose del nuovo governo, il ministro degli Esteri egiziani, Nabil al-Arabi.

«L'Egitto apre una nuova pagina con tutti i paesi del mondo, compreso l'Iran», ha dichiarato al-Arabi, trascurando il fatto che l'Iran non è un paese come gli altri nella storia dell'Egitto moderno. «I popoli egiziani e iraniani meritano relazioni che riflettano la loro storia e la loro civiltà, a condizione che siano basate sul rispetto reciproco della sovranità degli stati e la non ingerenza negli affari interni», ha aggiunto, cercando di prevenire le sbigottite telefonate in arrivo da Washington e Tel Aviv per sondare se la svolta del Cairo metta in discussione il trattato di pace con Israele, pietra miliare della politica estera egiziana degli ultimi 30 anni.

Se l'Egitto dovesse cambiare atteggiamento verso Israele verrebbe meno un alleato strategico sul confine meridionale, (visto che la Siria a nord resta tecnicamente ancora in guerra), fatto che costringerebbe Israele a rafforzare militarmente anche questo confine.

Il ministro egiziano Al-Arabi si è espresso durante un incontro con il responsabile iraniano, Mojtaba Amani, che gli ha consegnato una lettere dell'omologo Ali Akbar Salehi. Si tratta del primo incontro tra i responsabili egiziani e iraniani dalla caduta del presidente egiziano Hosni Moubarak, costretto alle dimissioni l'11 febbraio scorso da un sollevamento popolare che ha messo la parola fine a un regime che durava da 30 anni. Nella lettera Salehi invita «a studiare i mezzi per sviluppare le relazioni accogliendo il ministro degli Esteri egiziano a Teheran o con una visita del ministro degli Esteri iraniano al Cairo».

Il passo diplomatico è dirompente visto che l'Iran ha rotto le relazioni diplomatiche con l'Egitto nel 1980, dopo la rivoluzione islamica dell'ayatollah Khomeini per protestare contro il riconoscimento di Israele da parte del Cairo avvenuto un anno prima. Da allora, i rapporti tra i due paesi sono stati sempre tesi.

Intanto anche a Teheran qualcosa si muove. Il Parlamento iraniano starebbe pianificando una visita di alcuni suoi deputati in Egitto ed ha anche allo studio la possibilità di creare un gruppo di amicizia tra i due Parlamenti. Lo ha reso noto la deputata Fatemeh Alia, membro della commissione Esteri, citata martedì dal quotidiano Iran News, confermando l'interesse di Teheran ad un riavvicinamento con il Cairo dopo l'uscita di scena del rais, che potrebbe mettere fine ad oltre 30 anni di gelo diplomatico e commerciale. Basti pensare che non ci sono nemmeno voli diretti tra i due paesi.

Teheran ruppe le relazioni diplomatiche con il Cairo dopo la rivoluzione iraniana del 1979, accusando l'Egitto di tradimento per il trattato di pace con Israele dell'anno precedente e nel 1981 esultò all'assassinio del presidente egiziano Anwar Sadat, intitolando una strada, in una zona centrale della capitale iraniana, al capo del commando terrorista, Khaled Eslamboli.

In una conferenza stampa il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad lunedì aveva confermato l'intenzione del suo governo di migliorare i rapporti con l'Egitto ed espresso «la speranza che vi possano essere sviluppi positivi».

Le autorità iraniane hanno manifestato sostegno alla rivolta del 25 gennaio in Egitto, affermando che si è trattato di una rivoluzione sul modello di quella iraniana. Un'affermazione assolutamente assurda, visto che i maggiori artefici della rivolta contro Mubarak sono stati giovani laici, studenti usciti dalle università americane del Cairo, anche se al referendum costituzionale del 20 marzo a mobilitare gli elettori sono stati i Fratelli Musulmani, gruppo filoislamico fuorilegge dal 1954 e ora partito più organizzato sulla scena politica egiziana.

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