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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2011 alle ore 07:51.

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ROMA - Ipotesi, scenari che non hanno alcuna ragion d'essere. Con un avvertimento: «Non scherziamo sull'Europa». Giorgio Napolitano segue dal Quirinale con preoccupazione l'escalation di polemiche sulla gestione dell'emergenza migranti. Il commento del ministro dell'Interno Roberto Maroni dal Lussemburgo, in cui si arriva addirittura a ipotizzare l'uscita del paese dall'Unione europea, non viene nemmeno preso in considerazione. In sostanza, è derubricato a una battuta infelice, motivata dalla delusione sulla linea adottata in sede europea.

Non si nega tuttavia al Colle che il problema esista, e che l'Italia, come del resto ha osservato lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi d'intesa con Maroni, non abbia ricevuto dai gioverni europei il sostegno che era lecito attendersi. Prevalgono gli egoismi nazionali, ma non per questo occorre rinunciare a quella che il presidente della Repubblica ritiene essere l'unica via d'uscita dall'emergenza: direttrici comuni, linee d'azione condivise. Occorrerà del tempo, ma quella è la strada.

Al Colle i collaboratori di Napolitano pongono l'accento sull'impegno, anche diretto e personale, che il Capo dello Stato ha profuso in sede europea nelle ultime settimane sul tema caldo dell'immigrazione. Giovedì scorso ha anche apprezzato l'intesa raggiunta tra governo e autonomie locali, dandone pubblicamente atto agli stessi Berlusconi e Maroni. Poi a Budapest ha posto nuovamente l'accento sulla ncessità che l'Europa batta un colpo. La netta opposizione di Francia e Germania ai permessi temporanei, fatta propria ieri dal vertice dei ministri europei dell'Interno, mostra che la strada è in salita. Ma si può per questo evocare uno scenario che non ha alcun fondamento logico?

Al contrario - ragiona Napolitano - proprio l'esito del vertice di ieri in Lussemburgo mostra che occorre intensificare ancor più gli sforzi in sede europea. In sostanza, occorre riannodare le fila, senza cedere il passo a reazioni estemporanee. L'Italia deve in poche parole perseguire «tenacemente elementi di politica comune dell'Europa anche sull'immigrazione, senza prendere in considerazione posizioni di ritorsione, dispetto o addirittura ipotesi di separazione». Riflessioni che valevano alcuni giorni fa e ancor più adesso, osservano al Colle, dopo lo stop in sede europea ai permessi temporanei.

Sulle politiche per l'immigrazione l'Europa si gioca una parte del suo futuro. «Non abbiamo molto tempo per rinnovare e riaffermare il ruolo dell'Unione europea nel mondo», ripete il presidente della Repubblica. Come ha osservato sabato scorso nel corso del suo intervento all'incontro multilaterale dei Capi di Stato «Uniti per l'Europa», il 2020 è dietro l'angolo». Gli impegni sottoscritti dalla cosiddetta agenda 2020 vanno onorati nell'arco di quell'orizzonte temporale. Da qui il reiterato invito ad «affrontare nuove e complesse sfide con autentico spirito europeo evitando meschinità nazionali e illusioni di autosufficienza». Altro che «uscire dall'Europa»! Al contrario - ribadisce Napolitano - occorre «dare contenuti a una politica estera e di sicurezza comune anche cooperando effettivamente allo sviluppo dei paesi della sponda sud del Mediterraneo». L'Italia è stata lasciata sola ad affrontare l'emergenza migranti, come sostengono Berlusconi e Maroni? Se è così, ancora una volta, la strada non può essere europea. Nel mondo globalizzato, nessuno può coltivare ancora l'illusione di «farcela da solo».

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