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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2011 alle ore 19:10.

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Capolinea Fukushima. Per treni all'italianaCapolinea Fukushima. Per treni all'italiana

FUKUSHIMA – E' il giorno atteso da un mese: lo Shinkansen (treno ad alta velocità) torna a collegare Tokyo a Fukushima. Sarà anche il giorno dell'identificazione con Chernobyl, dopo che il governo ha alzato dal livello 5 al grado massimo di 7 la valutazione della gravità dell'incidente nucleare alla centrale atomica che dista meno di 60 km da una città-capoluogo dove vivono oltre 200mila persone (più molti sfollati).

Lo Shinkansen non può andare oltre; anzi anche le tratte molto più a nord che erano state riaperte hanno dovuto essere interrotte dopo il terremoto di lunedì sera. Dalla stazione di Tokyo sono 272,8 km percorsi in un'ora e mezza, anzi praticamente due ore, con tutte le fermate intermedie. Ma gli orari sono erratici e vari treni risultano in ritardo, anche di quasi un'ora. Non sempre le partenze vengono annunciate: sembra un'Italia ferroviaria, con la differenza che sui nostri tabelloni il ritardo è quantificato mentre i tabelloni giapponesi non prevedono un apposito spazio di avvertimento su eventi che di solito non si verificano. Il rapido "Yamabiko" ("eco della montagna") alle 14.07 si ferma in una galleria a circa 50 km da Fukushima. Black-out e buio completo: conseguenza dell'ennesimo terremoto.

La voce del capotreno informa e rassicura i passeggeri. Un quarto d'ora dopo, si riparte e si arriva al capolinea, dove è rimasto un solo cartello a indicare il nome della stazione (gli altri sono caduti tra un terremoto e l'altro). Sui binari, due donne con la mascherina vendono prodotti della zona dietro a cartelli che recitano "Forza Tohoku!", "Forza Fukushima!". I capitreno e anche le donne delle pulizie al treno portano la mascherina sul viso. I due uffici turistici sono aperti e invitano ad apprezzare la "città dei fiori" e dell'"hanami" (i party primaverili sotto i fiori di ciliegio). I manifestini celebrano Fukushima anche come una città della frutta, in particolare per pesche, uva e fragole. Una delle impiegate ammette che di turisti se ne vedono proprio pochini.

Poi insiste a dire che lei e la gente del luogo non ha problemi a mangiare prodotti agricoli della zona. Al mercato delle verdure, però, ormai la maggioranza degli articoli esposti proviene dal profondo sud: Kyushu, Okinawa e persino Filippine. Resistono i cetrioli e i funghi made in Fukushima, mentre tra gli scaffali è tornato il latte "Fuku-chan" che sull'etichetta ha scritto il numero 3.6. Sarebbe stupido ironizzare (saranno bequerel o microsievert?) ma certi pensieri si affacciano. Anche per aver creato questi riflessi condizionati, il governatore della provincia, ieri, ha rifiutato di incontrare il direttore generale della Tepco, Shimizu. Su questa città peserà per molti anni, forse per sempre, lo stigma di un nome accostato a quello di Chernobyl. Per di più, un nome facile da ricordare per una assonanza. Quella con Hiroshima.

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