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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 18:26.

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Un altro venerdì della rabbia scuote la Siria. Nel giorno di preghiera per i musulmani, decine di migliaia di manifestanti sono tornati in piazza, nonostante la repressione degli ultimi giorni. Non sono bastati il pacchetto di riforme e l'amnistia concessa dal regime di Bashar Assad a fermare le rivolte che hanno contagiato da più di un mese il paese che più sembrava impermeabile alla primavera araba fiorita in Tunisia a dicembre e in Egitto il 25 gennaio.

Cortei in tutto il Paese

Cortei anti-governativi sono stato segnalati a Damasco, Deraa, Latakia, Homs, Banias, Deir al-Azur, Qamishli, e in alcune province remote del Paese. A Deraa, nel sud del Paese, epicentro della rivolta e teatro di una violenta repressione, sono stati scanditi slogan come «la morte piuttosto che l'umiliazione», ha riferito un attivista dei diritti umani. A Qamishli in 5000 mila hanno marciato in solidarietà con gli abitanti di Deraa e Banias, cità dove più duro è stato l'intervento delle forze di sicurezza. Anche a Homs, circa 4mila persone hanno manifestato dopo la preghiera urlando slogan in favore della libertà, ha raccontato alla stampa un attivista. Centinaia in piazza anche a Latakia, la più importanti città portuale della Siria mentre a Damasco una cinquantina di dimostranti hanno lanciato sassi contro la polizia.

L'amnistia non placa la piazza

Le proteste dimostrano che non è bastata a placare la piazza l'amnistia concessa da Assad a quasi tutti i manifestasti arrestati nelle ultime settimane e l'emanazione del decreto presidenziale con il quale si annunciava la nascita del nuovo governo guidato da Adel Safar, ex ministro dell'Agricoltura. Ieri da più parti sono giunte accuse contro il regime di Assad: Human right watch ha denunciato l'uso sistematico della
tortura contro i manifestanti arrestati nelle proteste, mentre l'amministrazione Usa ha accusato gli ayatollah iraniani di aiutare il regime a reprimere le manifestazioni. Nello scorso fine settimana, le forze di sicurezza avevano aperto il fuoco sui manifestanti in varie città del Paese, provocando almeno 30 vittime e decine di feriti. Dall'inizio della rivolta in Siria, sarebbero morte almeno 130 persone.

Le denunce di Human Rights Watch: manifestanti torturati
L'organizzazione di difesa dei diritti dell'Uomo, Human Rights Watch (Hrw) accusa i servizi di sicurezza siriani di aver torturato numerosi manifestanti tra le centinaia di arrestati dall'inizio del movimento di contestazione un mese fa. Tra di loro ci sono anche avvocati, militanti dei
diritti dell'uomo e giornalisti che hanno sostenuto o partecipato
alle manifestazioni contro il regime.

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