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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 08:13.

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Dieci anni dal giorno del default. È il tempo massimo per esercitare l'azione risarcitoria nei confronti delle banche collocatrici di bond emessi da aziende o Stati che hanno dichiarato lo stato di insolvenza. Sempre che ve ne siano i presupposti, da valutare caso per caso. La vicenda Parmalat e la questione prescrizione hanno fatto ritornare il tema d'attualità. Ecco perché è necessario rimettere un po' d'ordine a beneficio dei risparmiatori rimasti impigliati nei crack finanziari degli ultimi dieci anni.

Qui ci occupiamo in particolare dei piccoli investitori che possono ancora agire contro le banche collocatrici di bond di aziende decotte o di Stati sull'orlo del fallimento. La lista è lunga. Meglio dunque concentrarsi sui casi per i quali l'azione risarcitoria è vicina alla scadenza.
In ordine di tempo ci sono i Tango bond. Lo stato di insolvenza di Buenos Aires fu dichiarato ufficialmente nel dicembre 2001: la prescrizione ordinaria scatterà quindi tra otto mesi. Per interromperla è necessaria una lettera raccomandata all'istituto di credito che ha collocato l'obbligazione al risparmiatore. Stesso discorso per Cirio (default nel novembre 2002, l'azione si prescrive nello stesso mese del 2012) e Parmalat (default dicembre 2003, prescrizione dicembre 2013).

Ci sono però due punti da considerare. I dieci anni iniziano dal giorno del default ufficiale perché, secondo la giurisprudenza prevalente, è quello il momento in cui si è verificato il danno. Ma non sempre i giudici sono allineati su tale interpretazione. Alcuni istituti di credito hanno sostenuto la tesi che la prescrizione parta dal giorno del collocamento dell'obbligazione: e qualche tribunale gli ha dato ragione.

In seconda battuta, la posizione dell'investitore va valutata sulla base dei documenti in suo possesso e più in generale dalla possibilità di provare di aver diritto all'azione risarcitoria: perché, ad esempio, all'epoca del collocamento del bond, l'istituto di credito non aveva effettuato uno screening del profilo di rischio. Oppure, uno dei casi tipici, perché l'obbligazione è stata collocata in prossimità dello stato di insolvenza dell'azienda o dello Stato. Infine, più semplicemente, la banca non aveva consegnato i documenti sui rischi generali dell'investimento.

In passato la via giudiziale era l'unica da seguire per ottenere soddisfazione. C'è da sottolineare che gran parte dei giudizi civili avviati dai risparmiatori sono terminati con una transazione. Di recente il quadro è cambiato. A inizio dello scorso marzo è entrato in vigore il procedimento di mediazione (attualmente pende un giudizio di legittimità davanti alla Corte Costituzionale sollevato dal Tar del Lazio ma non c'è una sospensione). Nel decreto legislativo che tante polemiche sta creando tra gli avvocati, viene previsto tra l'altro che «prima di esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di contratti assicurativi, bancari e finanziari» si è tenuti a un procedimento di conciliazione. Fra le procedure previste (in base alle materie di competenza), il risparmiatore si può rivolgere anche all'arbitro bancario finanziario (Abf), servizio gestito da Bankitalia. Oppure c'è la camera di conciliazione Consob, più specializzata in tema di investimenti.

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