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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2011 alle ore 16:04.
Le forze occidentali che aiutano i ribelli a rovesciare il leader Muammar Gheddafi devono affrontare scelte difficili dal punto di vista militare, economico e diplomatico a un mese dall'inizio delle operazioni militari e a nove settimane dal via alla rivolta che ha contagiato la Libia dopo Tunisia ed Egitto. Il raiss non cede e fra i Paesi che partecipano alla missione Odissea all'alba, decisa con la risoluzione 1973 dell'Onu, Francia e Gran Bretagna sembravano spingere per un'escalation della pressione militare che non esclude l'intervento di terra. Ieri però il ministro degli Esteri Alain Juppé si è detto «del tutto contrario» all'invio di forze di terra, sottolineando che gli insorti potrebbero "radioguidare" i cacciabombardieri della Nato, fornendo informazioni precise.
Nato: ci sono progressi ma limiti oggettivi
Intanto analisti Nato hanno detto a Bruxelles che l'Alleanza ritiene di avere «seriamente declassato» la capacità militare delle forze del raiss. «Gheddafi non può usare le sue forze come vuole e non ha più la capacità di colpire come vorrebbe», ha detto Mark van Uhm, del comando di Shape, in un incontro con la stampa. «Abbiamo seriamente declassato la sua capacità di lanciare attacchi contro la popolazione civile» ha aggiunto van Uhm, considerando che «più del 30%» della capacità militare del regime è stata distrutta. L'alto ufficiale ha però riconosciuto che l'azione della Nato presenta «limiti». «Usare potenza aerea per proteggere civili sul terreno è un limite oggettivo, specialmente perché le forze di Gheddafi hanno cambiato tattica, usando civili come scudi umani. Noi - ha detto van Uhm - non possiamo attaccare questi bersagli perché non vogliamo causare vittime civili, soprattutto nelle aeree urbane». Van Uhm ha descritto la situazione sul teatro come «fluida, dinamica e in continuo cambiamento».
«Un bilancio positivo». È anche il commento del capo di Stato maggiore della Difesa, Biagio Abrate, alle operazioni condotte dalle Forze armate in Libia a un mese dal loro inizio. «Per come l'Italia ha reagito ad una situazione veramente improvvisa e imprevedibile».
Il ministro degli Affari esteri di Tripoli, Abdul Ati al Obeidi, in un'intervista alla Bbc, ha detto che il piano del governo britannico di inviare un team di istruttori a Bengasi, per fornire aiuto logistico, strategico e di intelligence ai ribelli dell'opposizione libica, rischia di mandare in frantumi ogni possibilità di soluzione pacifica del conflitto. La presenza militare britannica finirebbe per "prolungare" i combattimenti, ha spiegato il capo della diplomazia libica. Solo ieri il ministro degli Esteri britannico William Hague aveva annunciato che avrebbe inviato consiglieri militari per collaborare con il Consiglio nazionale di transizione in Libia senza ruoli operativi.
Al Palazzo di Vetro non mancano voci non confermate di nuove sanzioni e passi indietro. Un diplomatico Onu rimasto anonimo ha dichiarato alla Reuters che nuove sanzioni potrebbero complicare le cose: «Non penso che i membri del Consiglio di sicurezza capiscano cosa significa applicare nuove sanzioni - ha aggiunto - ora però vorrebbero tornare sui propri passi riguardo all'embargo sul petrolio e sulle armi».
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