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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 06:36.

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ROMA
Il governo, presentando a sorpresa un emendamento al decreto legge omnibus all'esame del Senato, fa retromarcia sul nucleare. Il testo sostituisce la semplice moratoria di un anno con l'«abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari». Una mossa subito interpretata dall'opposizione e dai referendari come il tentativo, attraverso l'archiviazione del quesito sull'atomo, di depotenziare il referendum del 12 e 13 giugno che riguarda anche la gestione ai privati dei servizi idrici e il legittimo impedimento, che potrebbe trasformarsi in una sorta di "voto sul premier".
Sondaggi che sarebbero stati visionati da Palazzo Chigi avrebbero indicato una buona affluenza sull'onda del disastro giapponese. Senza il quesito sulle nuove centrali, però, il quorum tornerebbe un obiettivo molto difficile da raggiungere. E, con la cancellazione delle norme, l'uscita del nucleare dal referendum sembra in effetti scontata. La legge 352 del 1970 stabilisce infatti che, in caso di abrogazione delle disposizioni oggetto del quesito, «l'Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso».
L'Italia si muove dunque sulla scia delle decisioni tedesche e della riflessione aperta in Europa. Pesa l'incidente di Fukushima e vanno considerati i costi dello smantellamento ha detto ieri il ministro dell'Economia Giulio Tremonti intervenendo alla Commissione affari costituzionali dell'Europarlamento dove non ha esitato a osservare che se «il nucleare genera benefici locali in bolletta, i malefici sono generali».
Poco dopo la notizia dell'emendamento, anticipata in tarda mattinata da Radiocor, ha acceso la polemica politica. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani parla di «vittoria» ma accusa il governo di fuggire «dalle sue stesse decisioni perché è chiaro che vuole scappare dal confronto con l'opinione pubblica nel referendum». Alleanza per l'Italia, con Francesco Rutelli, rivendica il merito di aver presentato un emendamento per la soppressione del programma nucleare copiato dal governo, mentre il presidente dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro parla di «truffa» per depotenziare i quesiti sul legittimo impedimento e sull'acqua e fa notare come lo stesso nucleare potrebbe tornare alla ribalta a referendum concluso.
È utile in tal senso esaminare nel dettaglio l'emendamento del Governo, firmato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e presentato all'ultimo momento in Aula. Il testo, che sarà votato oggi, sostituisce il vecchio articolo 5 che conteneva la moratoria di un anno. In pratica vengono abrogate tutte le disposizioni contenute nel quesito referendario a partire dall'articolo 7 del dl 112 del 2008 che prevede la «realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare». Nello specifico vengono cancellate anche le norme relative al nucleare della legge sviluppo del 2009, del decreto 104 del 2010 e dei decreti legislativi 31 del 2010 e 31 del 2011 sulla localizzazione dei siti delle centrali. Quello che doveva essere il documento programmatico «con obiettivi strategici in materia nucleare» diventa un documento sugli indirizzi in materia «di gestione dei rifiuti radioattivi e di decommissioning degli impianti dismessi». Vengono salvate solo le disposizioni relative alla localizzazione del deposito nazionale delle scorie e alle compensazioni per il territorio che lo ospiteranno. Ieri il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha osservato come «la ricerca sul nucleare proceda in modo indipendente dalle scelte del Paese» ma va sottolineato che tra gli articoli abrogati figura anche quello relativo alla «promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione».
Ad ogni modo, per tornare ai dubbi sulla reale volontà del governo di abbandonare l'energia atomica e sulla possibilità che il piano venga riformulato una volta disinnescato il referendum, l'esecutivo nell'emendamento chiarisce che la nuova Strategia energetica nazionale arriverà entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto omnibus tendendo conto anche del dibattito in corso in Europa. Conteranno insomma anche gli stress test sulle vecchie centrali e le valutazioni post Fukushima «sulla sicurezza delle tecnologie disponibili». In altre parole il governo lascia ancora una finestra aperta.
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