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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2011 alle ore 14:06.

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«Lo ripetiamo da anni. E oggi ci troviamo davanti a un'emergenza ancor più grave. Le navi italiane sono divenute più vulnerabili perché sono tra quelle che viaggiano senza uomini armati a bordo. Da parte nostra siamo pronti a fornire personale qualificato in poche settimane. La decisione non dipende da noi, ma dal Governo». Carlo Biffani è il direttore di Security Consulting Group, agenzia di sicurezza privata. Il fenomeno della pirateria lo conosce bene. Ha scritto su questo tema anche un libro, Bandits (Fuoco edizioni). Da tempo studia le tecniche usate dai pirati somali.
«Usano soprattutto armi controcarro Rpg e fucili d'assalto Khalasnikov, armi non sofisticate. Ma sono difficili da contrastare. L'ultima tendenza è ingegnosa: due piccole lance distendono un lungo cavo in mare sulla rotta dell'obiettivo. La nave ci passa sopra e loro si fanno trainare a motore spento. Questa modalità rende molto più difficile la connotazione di un atteggiamento ostile secondo le leggi internazionali. Quando ormai è tardi, accendono i motori e danno il via all'attacco. Ma se incontrano personale armato a bordo, la storia è un'altra».

Un crescente numero di Stati ha ormai autorizzato l'uso di personale armato a bordo. Gli Usa e molti Paesi europei, tra cui Spagna e Francia, che mette a disposizione i propri soldati lungo la zona più a rischio del tragitto. «I francesi - precisa Biffani - hanno numerose basi nell'area e diverse migliaia di soldati. La nostra marina militare non ha strutture in loco o accordi con i Paesi interessati. A conti fatti, disporrebbe oggi di circa 70 fanti di marina del battaglione San Marco da imbarcare sulle navi commerciali. Un numero insufficiente per garantire protezione alle navi italiane che attraversano le zone a rischio. L'alternativa più efficace è il ricorso anche a professionisti privati». Al di là di quella che sarà la decisione del Governo, resta il fatto che le navi con personale armato di rado vengono attaccate. «Quando accade - continua Biffani - i colpi di avvertimento li scoraggiano. E comunque i rari attacchi sono sempre stati respinti, senza vittime».

La pirateria è divenuta un network internazionale. «Ci sono fondati sospetti - precisa il direttore di Security Cg - che da Dubai, ma anche da Londra, vengano fornite informazioni ai pirati su navi, rotte e carichi. Il sistema funziona così: i pirati provvedono al sequestro della nave e alla gestione degli ostaggi. Nel mentre entrano in gioco attori internazionali, incaricati di negoziare il riscatto, spesso con le stesse compagnie di assicurazione».
A rafforzare la posizione di chi è contrario all'utilizzo dei contractor, c'è il timore di una lacuna normativa che regoli la selezione, i comportamenti e le responsabilità di questi operatori in acque internazionali, il cui impiego, spiega Biffani, permetterebbe sconti sui premi assicurativi. «Il personale armato dovrebbe essere accuratamente selezionato e certificato secondo regole precise. Come ha fatto la Spagna». Anche sul fronte delle regole di ingaggio vi sono incertezze. «Si aprirebbe il fuoco all'inizio solo in termini di deterrenza, e solo contro chi è manifestamente in atteggiamento ostile - conclude Biffani –. I professionisti si attengono a due principi: la contemporaneità della reazione e la proporzionalità della risposta».
R.Bon.

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