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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2011 alle ore 19:25.

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Periferia inglese in rivolta contro la Tesco, terzo colosso mondiale della grande distribuzione (Reuters)Periferia inglese in rivolta contro la Tesco, terzo colosso mondiale della grande distribuzione (Reuters)

Londra – Entri al supermercato per comperare un litro di latte ed esci con un nuovo mutuo sulla casa. L'idea che sir Terry Leahy ha promosso fino a marzo, quando ha lasciato il vertice della catena di supermercati Tesco, è la stessa che il suo successore, Stephen Clarke, giura di riuscire a realizzare.

Contro la logica dello shopping globale, dalle banane ai conti correnti bancari, dal pesce alla vacanza, l'Inghilterra scopre nuove forme di protesta esplose, l'altra notte, in scontri di piazza con arresti e feriti nel quartiere off di Bristol. A Stokes Croft, periferia nord della città, si respira da sempre un'aria vagamente hippy, rigurgito improvviso di quelle logiche libertarie che sopravvivono, sopite, nell'Inghilterra normalizzata da Margaret Thatcher e Tony Blair.

L'idea di piazzare proprio lì, davanti a un centro sociale occupato, le insegne brillanti di Tesco Express è stata vissuta come l'ennesima provocazione di un gigante della distribuzione capace di accaparrarsi una verdura su tre venduta quotidianamente nel Regno di Elisabetta. Altre statistiche precisano che una sterlina su sette spesa in qualsiasi negozio britannico ricade nelle casse del supermercato totale. A Stokes Croft hanno deciso di andare per le spicce se è vero, come sostiene la polizia, che siano state trovate bottiglie molotov pronte per l'uso nel centro sociale occupato da gruppi ultrà. In realtà gli scontri, finiti con quattro arresti, contusi, incendi e il sapore acre della rivolta sociale, non sono stati solo opera di avanguardie militanti. Dietro lo slogan «La strada a chi appartiene? A noi», si sono mobilitati centinaia di cittadini del quartiere, decisi a spegnere le luci di Tesco, nella versione Express, ovvero mini market per tutti gli usi. Quello, per intenderci, più detestato dal movimento perché contribuisce più degli iper mercati al dissolversi delle attività commerciali tradizionali. Logiche antiglobal hanno, quindi, acceso la fiammata di Bristol. E queste logiche sono le stesse che da mesi scatenano la protesta contro Vodafone e Barclays, telefonia e banking, oggetti tradizionali delle proteste antisistema, in quanto simboli di un mondo che si restringe, unendo i continenti con politiche aziendali comuni e standardizzate.

Nulla però è paragonabile al movimento che l'approccio commerciale ultra-aggressivo di Terry Leahy ha sviluppato contro Tesco. Dall'Essex al Somerset, da Sheffield al Leicestershire da anni si moltiplicano i gesti contro l'espansionismo del gruppo, una campagna che ha avuto nella decennale e più battaglia di Sheringham contro l'apertura di un punto vendita l'esempio più clamoroso. La protesta nata spontaneamente per meri interessi di bottega s'è trasformata in fenomeno politico-sociale, un movimento organizzato con un sito web che diffonde le parole d'ordine contro il gigantismo teorizzato da sir Terry. Il messaggio ha superato i confini e anche quelli del gruppo di distribuzione britannico, ormai emblema di una campagna che ha nel mirino tutta la grande distribuzione nelle sue logiche e manifestazioni più aggressive.

Tesco non è mai stata soft nella politica sui prezzi, nè nell'approccio agli enti locali per garantirsi spazi commerciali. Visti i risultati, non poteva essere altrimenti. La marcia fino ai numeri di oggi è stata incontenibile. È il terzo gruppo al mondo, alle spalle di WalMart e Carrefour, ha 5000 negozi in 14 paesi e una strategia di crescita che si regge sue due pilastri: Regno Unito dove ha 2600 punti vendita e Asia dove gli utili, nell'ultimo anno, sono cresciuti del 30 per cento. A fianco della diffusione territoriale, aspira ad affermarsi come negozio totale. Di vacanze e banche abbiamo detto, dei mutui immobiliari obiettivo prossimo venturo anche, ma l'elenco non finisce qui. Da Tesco si possono fare assicurazioni sugli animali e comperare auto usate.
L'obiettivo è il monopolio dei portafogli britannici. Una marcia che le barricate di Bristol non fermeranno. Almeno per ora.

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