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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 07:40.

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«Nessuno vuole negare» o abolire l'accordo di Schengen «ma in circostanze eccezionali crediamo debbano esserci variazioni a cui abbiamo deciso di lavorare insieme». Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha riconosciuto alla Francia «uno sforzo cinque volte superiore» a quello dell'Italia in termini di migranti accolti ogni anno. Gli scontri delle settimane passate sull'immigrazione sembrano un ricordo lontano dopo il vertice di Roma ma la strada è tutta da costruire.

Certo, è vero che l'Unione europea ha già mandato un segnale di disponibilità nei confronto della lettera congiunta con Nicolas Sarkozy: quel testo «ci conforta» dice un portavoce di Bruxelles. Resta da vedere come e quanto i problemi sin qui sorti si riproporranno, non solo tra Italia e Francia. Sull'accordo di libera circolazione, oggetto della frizione fra i due Stati, in Commissione hanno già più volte fatto notare che in realtà non è stata tanto la questione di attualità dei 20mila tunisini a far scattare la volontà di revisione, quanto i timori legati all'allargamento dello spazio di libera circolazione a Romania e Bulgaria.

Già nell'autunno scorso Francia e Germania si erano detti contrari. Del resto, la lettera ricalca temi già indicati mercoledì scorso dal commissario Cecilia Malmstrom nella bozza di documento sulle proposte che la Commissione ufficializzerà il 4 maggio, in preparazione del Consiglio straordinario dei ministri degli Interni in programma il 12 e, soprattutto, del vertice europeo del 24 giugno.

I punti chiave sono: 1) il rafforzamento di Frontex, che dovrà essere dotato di mezzi propri per fronteggiare le emergenze, ma anche avere "più disponibilità dagli stati membri"; 2) accordi forti per sostenere lo sviluppo dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e ottenere in cambio politiche per la riammissione dando alla Ue un maggior margine di manovra per la trattativa; 3) nuova politica europea d'asilo; 4) revisione, appunto, della governance di Schengen.

Si ipotizza di ridefinire l'articolo 23 del Codice delle frontiere, quello che già ora prevede la reintroduzione temporanea dei controlli per generici «problemi di ordine pubblico». Quelli appunto invocati dalla Francia a Ventimiglia. «In futuro non basterà - è stato osservato a Bruxelles - bisognerà giustificare le ragioni di questi problemi». Di fatto si andrà verso un ruolo maggiore della Commissione europea nella governance. Lo scopo è anche quello di evitare una sorta di esodo ingovernato dei migranti che per l'Europa «è un problema politico». È comunque escluso che si potrà mai davvero parlare di «sospensione dell'accordo» come minacciato nei giorni scorsi perché Schengen è parte integrante del Trattato di Lisbona: «Uscirne significherebbe uscire dalla Ue» fanno notare a Bruxelles.

La Francia, però, dal vertice di ieri sembra anche molto interessata al modello di intese che l'Italia ha già raggiunto con la Tunisia, Dall'Italia sono già stati rimpatriati circa 600 tunisini e gli sbarchi, per ora, non arrivano più da quelle coste. I francesi, ieri, nell'incontro il ministro dell'Interno Maroni e il collega Claude Gueant, hanno chiesto esplicitamente di essere coinvolti nell'azione d'intesa con il governo di Tunisi per il contrasto dell'immigrazione clandestina.

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