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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 06:38.

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A Villa Madama è andata in scena la "grande pacificazione" con il via libera ufficiale dell'Eliseo a Mario Draghi per la Bce. «Non lo facciamo perché è italiano – ha detto ieri in conferenza stampa Nicolas Sarkozy – ma perché è una persona di grande qualità. In più è italiano». Il presidente francese ha voluto aggiungere che si tratta di un «ottimo segnale per tutti gli italiani che pensano di mettere in dubbio il ruolo italiano nell'Ue».

Questo accadeva ieri mattina. Eppure nell'ultimo mese tra Roma e Parigi più volte si è sfiorato l'incidente diplomatico. Prima sulla Libia – tra raid partiti senza preavviso e conference call a numero chiuso – poi sulla gestione degli immigrati tunisini al confine di Ventimiglia. Ma in realtà sono stati i dossier dell'economia quelli che hanno scavato un solco profondo tra due paesi, che hanno un interscambio di ben 70 miliardi di euro: l'operazione Parmalat-Lactalis e prima ancora l'acquisizione di Bulgari da parte di Lvmh sono stati il segnale che la misura era colma, era arrivato il momento di mettere fine alla campagna acquisti dei marchi nazionali. Il ministero dell'Economia, d'intesa con Palazzo Chigi, ha messo in campo l'artiglieria pesante, forse provocando a cascata la reazione di ieri mattina dei capi del gruppo Lactalis che, temendo un accordo sopra le loro teste, hanno voluto mettere un punto fermo annunciando l'Opa.

Ma Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi le leggi di mercato le conoscono e sanno come far coincidere domanda e offerta. E così invece di andare allo scontro hanno scelto la via della pacificazione forzata. «Dobbiamo creare grandi gruppi italo-francesi o franco-italiani» è stato il mantra ripetuto a fine summit, quando è stato chiaro che gli sherpa avevano lavorato per fare emergere un messaggio di intesa su tutti i fronti.

Si è attivato un "telefono rosso" per gestire le crisi e i contenziosi in economia: i due presidenti hanno messo in campo i loro uomini più fidati, Gianni Letta e Xavier Musca, quest'ultimo segretario generale dell'Eliseo e già consigliere economico numero uno. «Abbiamo deciso di affidare a due nostri collaboratori – ha detto Sarkozy – il compito di cercare, in pieno accordo con i ministri, di trovare delle soluzioni. Noi crediamo nel libero mercato ma i nostri collaboratori faciliteranno un avvicinamento fra le posizioni». Insomma, avanti con il libero mercato, ma con giudizio.

Già perché nei prossimi mesi di nodi al pettine ne verranno di altri. A parte la gestione politica dell'Opa su Parmalat – Berlusconi auspica la nascita di una cordata che affianchi Lactalis e faccia da garante nazionale del latte italiano – a breve si dovrà discutere per esempio di Edison: la francese Edf preme per prendere il controllo e la resa dei conti è rinviata a settembre. Poi c'è il nodo su Alitalia: Air France-Klm ha il 25% ma spinge per andare in maggioranza e fare la fusione, ipotesi questa su cui il vertice di Alitalia fa resistenza e nega questa eventualità. Altre partite più delicate si affacciano, specie in finanza, dove l'intervento della politica dovrebbe rendersi più discreto, quasi invisibile. A partire da Mediobanca, dove l'azionariato francese guidato sul campo da Vincent Bolloré – caro e vecchio amico di Sarkozy – è uscito sconfitto dalla partita su Generali: un probabile ridimensionamento del patto di sindacato coinvolgerebbe per primi i soci d'Oltralpe, tra cui figura anche Groupama, uscita per ora sconfitta dal tentativo di incursione nel gruppo Ligresti. Insomma, di dossier ce ne sono molti, e toccano tutti corde sensibili degli equilibri del potere finanziario ed economico.

«Le due economie sono complementari e collaborano in maniera stretta proprio per la diversa struttura che presentano» ha detto Sarkozy. Quella francese vede una vasta presenza di grandi gruppi, con una enorme capacità di manovra, quella italiana in buona parte è fatta di piccole e medie imprese ("le multinazionali tascabili") molto presenti peraltro nel territorio francese, visto che sono oltre 1.800 e occupano 136mila persone. E Berlusconi ci ha messo del suo ricordando che anche lui ha investimenti oltralpe: «Abbiamo Mondadori France, che lavora benissimo».

I due presidenti sono arrivati al vertice con un'immagine di conflittualità tra i due paesi che andava risolta, sia per storia personale (si conoscono da trent'anni, quando Sarkozy curava gli affari legali della Cinq del Cavaliere), per convenienza politica interna (le elezioni incombono sempre) che di bilanciamento delle influenze in area Ue. E allora tutto è rientrato nell'agenda della pacificazione: dal tempestivo annuncio della partecipazione degli aerei italiani alle operazioni militari in Libia all'intesa su Schengen, dalla conferma dell'impegno italiano a usare tecnologia francese quando si riaprirà il dossier nucleare alla dichiarazione a favore della Difesa europea, vecchio pallino di Parigi. A sigillo del tutto la dichiarazione a favore di Mario Draghi alla guida della Bce.

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