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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2011 alle ore 18:38.

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Il vento della rivolta dei paesi del Maghreb non ha travolto il vero Maghreb (che tradotto è anche Marocco in arabo), lo ha solo sfiorato come una brezza di passaggio con le manifestazioni e con il conseguente discorso del Re Mohammed per dare il via alle riforme. Ora la brezza è diventata improvvisamente terremoto. La mancata destabilizzazione della piazza è sostituita dall'ombra ben più tetra degli attentati.

Attentati fai-da-te, schegge impazzite come dimostrano gli strumenti usati oggi: probabilmente delle bombole a gas, come in passato con gli attentati del 2003 e 2007 di Casablanca. Non gli attentati sofisticati che abbiamo imparato a conoscere, ma pur sempre attentati che possono destabilizzare, gettando il paese più a Occidente e più partecipe alla democrazia nel terrore. Non solo. Con questo attentato c'è chi avanza l'ipotesi di un brutto segnale per il cammino della democrazia e delle riforme che, iniziato già da tempo, aveva visto un'accelerazione con l'ultimo discorso del Re.

In quell'occasione, poche settimane fa, il re aveva toccato molti punti critici messi in dicussione dalla piazza, in favore di una monarchia più europea. Sembrava fatta, ma ora tutto potrà cambiare con uno stop, perchè più che le riforme si darà la precedenza alla sicurezza. I ruoli, i compiti e le priorità rischiano di confondersi. È il segno di come sia davvero difficile, in quest'area, nonostante i buoni presupposti, incamminarsi sulla strada della democrazia.

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