Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2011 alle ore 06:38.

My24


LONDRA. Dal nostro corrispondente
Lo amerà, lo onorerà, lo conforterà, ma non obbedirà alla di lui volontà. Gli impegni di Kate Middleton nell'atto di farsi principessa e regina in pectore, mimano anche nella formula quelli di Diana Spencer che per prima rifiutò l'atto di sudditanza allo sposo. Nelle parole che suggelleranno l'unione alle 11 di oggi nell'abbazia di Westminster davanti a 600mila persone giunte a Londra per l'occasione e a due miliardi di spettatori tv in tutto il pianeta, Kate Middleton non dirà, infatti, "I will obey".
Unico sussulto di modernità in una cerimonia che sarà dominata dalla tradizione e oppressa dalle ansie per la sicurezza lungo il percorso reale, da Buckingham palace a Westminster Abbey. Accenno, comunque, a quella pallida volontà riformatrice che ha occhieggiato nel corso di questa lunga stagione prematrimoniale. Mai come in queste settimane i repubblicani hanno fatto sentire la loro voce con gesti di composta polemica, come fece l'ex luogotenente di Tony Blair, Peter Mandelson, nel 1982 quando salutò le nozze di Diana e Charles trascorrendo la giornata nella Repubblique d'Oltremanica.
Le chance di una vittoria in un immaginario referendum istituzionale sono vicine allo zero se è vero, come dicono i sondaggi, che il 63% dei britannici ritiene la famiglia reale sia un asset da mantenere. Zoccolo durissimo di sostenitori che fu scosso solo nell'agosto del 1997 quando la spinta emotiva innescata dalla morte di Diana ridusse quella platea al 48 per cento. Dodici mesi più tardi, asciugata l'emozione, i numeri erano già tornati ai livelli di oggi. «Monarchici per default», gli inglesi, ha sostenuto lo scrittore Will Self in un breve saggio per Prospect magazine dal titolo esemplificativo, They must go, dunque. O, forse, solo pragmatici abbastanza, come ha notato l'ex direttore del Times Simon Jenkins, ricordando che i francesi «hanno decapitato un re nel 1793 e bruciato due secoli e 16 Costituzioni per cercare qualcosa di meglio».
Oggi i repubblicans si troveranno in Red Lions square a celebrare le loro convinzioni in segno di garbata disapprovazione. Saranno quattro gatti, nonostante contino nomi di vaglia dei mass media, guidati da Guardian e Observer. Realisti abbastanza da capire che se i più vogliono la Corona, la Corona resterà, nonostante i due giornali abbiano fatto loro lo slogan pronunciato tre secoli fa da Thomas Paine che recitava più o meno così: "un governante ereditario non ha più senso di un dentista ereditario".
Schiantati dalla volontà popolare, consapevoli che Kate e William danno nuovo ossigeno alla monarchia, gli aristoscettici s'accontentano di domandare riforme. Così anche l'affrancarsi dall'obbedienza al marito pare un timido gesto verso regole nuove. I costituzionalisti non si stancano di indicare le difficoltà, ma che le norme di successione possano essere riviste è tema uscito con forza in questi giorni di disperatissima esegesi di nozze e monarchia. Spetterebbe al Parlamento riformare l'Act of Settlement e dare anche alle donne il diritto di regnare se primogenite, atto che dovrebbe poi essere fatto proprio dai Paesi del Commonwealth fedeli alla Corona. Stessa, ma ancor più complessa procedura andrebbe adottata per cancellare il divieto a un cattolico di divenire re, in altre parole di separare la Chiesa d'Inghilterra, di cui il monarca è guida suprema, dallo Stato. Uno scenario di là da venire, diversamente da quello che premia l'eguaglianza dei diritti delle donne di casa reale, via già suggerita dall'ex premier Gordon Brown.
Temi che interessano, addirittura scuotono, ma non bastano per mobilitare una crociata antimonarchica in una terra che con la nobiltà ha rapporto complesso e contraddittorio. Amore, per antica tradizione e fede istituzionale, odio per il perpetuarsi del privilegio di casta che si riassume in un dato: un terzo della terra del Regno è in mano a 36mila persone, ovvero lo 0,6% della popolazione è proprietaria del 50% della terra agricola. Una pattuglia guidata da un'avanguardia di 1.200 aristocratici cui fa capo quasi tutto, dai 120mila ettari di Lord Buccleuch ai quartieri interi di Belgravia e Mayfair del Duca di Westminster, più ricco anche di Carlo, solo terzo con i suoi 70mila ettari in Cornovaglia.
Eppure gli inglesi restano "monarchici per default". «Il supporto per i regnanti in questo Paese - sostiene il costituzionalista Vernon Bogdanor - è tale da rendere l'idea della Repubblica un esercizio teorico. Nonostante George Orwell sostenesse, che la maggior parte degli intellettuali britannici si senta più imbarazzata a intonare "God save the King" che a rubare dalle chiese l'elemosina per i poveri». E oggi tanto cieco supporto s'incarnerà una volta di più, incrociando il rito del matrimonio con il mito di Cenerentola: il principe William impalmerà la signorina Middleton.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
OGGI SPOSI

600mila
L'«invasione»
Le persone arrivate a Londra per il matrimonio di William e Kate (nella foto), che si celebrerà oggi alle 11 nell'abbazia di Westminster
156
In milioni di sterline
L'aumento del giro d'affari stimato dal Centre for retail reasearch solo per bibite e cibo; 199 milioni arriveranno da merchandise e memorabilia
110
Vacanza per tutti
In milioni di sterline, le spese impreviste generate dalla giornata di vacanza garantita agli inglesi in occasione delle nozze

Shopping24

Dai nostri archivi