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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2011 alle ore 12:20.

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Volevano una cerimonia semplice, tanti amici, pochi parenti. Luca e Lavinia si sono sposati ieri, travolti però da un meccanismo che ha fatto lievitare le spese a 30mila euro. Hanno aspettato di sistemarsi, hanno sperato in mutui per le giovani coppie, si sono illusi sul quoziente fiscale per le famiglie. Poi, più che trentenni, si sono decisi: anche i bamboccioni hanno diritto a sposarsi.

Luca, 33 anni, le ha chiesto di sposarla dopo due anni di convivenza, «prima dovevamo sistemarci economicamente». Lavinia, 32 anni, è rimasta senza parole, poi da fine novembre ha lavorato come un caterpillar per la cerimonia di ieri: «Non avevo idea della quantità di cose da fare, Luca mi ha lasciata sola: doveva occuparsi solo delle partecipazioni, abbiamo rischiato di mandarle a cerimonia avvenuta, visti i suoi ritardi». Lavinia ha potuto contare sulla mamma, sulle amiche e sulla sorella che si è sposata un anno fa, senza lo stuolo di consulenti ed esperti di cerimoniale che hanno assistito, tutelato, consigliato e guidato il principe Williams e la neoconsorte Kate, convolati ieri alle classiche nozze del secolo. Ha girato quattro negozi per il vestito, ha provato decine di modelli, «ogni volta arrabbiandomi perché erano disponibili solo le taglie 38». Si era innamorata di una preziosità da diecimila euro, poi ha optato per un più «democratico» vestito da 3.500 euro, «bianco con ornamenti verdi». E come nei film americani ha verificato minuziosamente i dettagli delle amiche chiamate a fare le vallette-testimoni, «nessuno spazio all'improvvisazione».

Luca e Lavinia sono due giovani normali, quasi in linea con l'identikit degli sposi italiani: l'età media dello sposo è 33 anni, quella della sposa 29,9 (che sale di cinque mesi a Milano, dove ieri l'albo pretorio conteneva 57 pubblicazioni di matrimonio, di cui 12 con almeno uno straniero). Rientrano nella media, ma Luca è in minoranza tra i suoi coetanei: l'Istat conta infatti 246mila 33enni celibi e 192mila sposati. Lavinia, invece, ieri è entrata nella maggioranza delle sue coetanee, 213mila sposate contro 182mila nubili.
Sono bamboccioni, ma possono permettersi una casa a Milano, 70 metri quadrati, 1.200 euro al mese per l'affitto di 70 metri quadrati, stanno aspettando con ansia, come tanti altri giovani italiani, che si sblocchino gli aiuti - 50 milioni di euro in totale - promessi da mesi per gli under 35 che aspirano a un mutuo a condizioni agevolate. Restano intoppi burocratici, manca una convenzione finale con l'Abi, nel frattempo le banche negano mutui normali alle neofamiglie con contratti atipici: lui è un grafico pubblicitario che si divide tra grandi agenzie e piccoli committenti, lei fa un mestiere del futuro, user interface designer, con un passato di stage, lavapiatti a Londra, contratti a tempo, accordi di apprendistato, lavoro autonomo con partita Iva fino all'agognata assunzione. Almeno sul fronte economico si sentono fortunati, non sono tra i quasi settecentomila disoccupati contati dall'Istat nella fascia di età tra 24 e 35 anni.

Luca e Lavinia hanno optato per il matrimonio religioso, sempre più in calo: quasi il 40% delle cerimonie, infatti, si limita al rito civile, con punte del 60% nella provincia autonoma di Bolzano e del 55% in Liguria. A Milano potevano scegliere se sposarsi negli scarni uffici comunali di via Larga, senza costi aggiuntivi, oppure nella sala del Tiepolo di Palazzo Dugnani pagando un contributo di 96 euro per i residenti e 596 euro per i non residenti, come è nel caso di Lavinia, che per pigrizia non si è mai trasferita burocraticamente nel capoluogo milanese. Matrimonio religioso, «più che altro per fare contenti i parenti, in particolare la nonna». Che ha raccontato ai due ragazzi il suo matrimonio brianzolo nel 1932, quando si era tolta il pane dalla bocca per sposarsi entrando dalla porta principale della chiesa di San Bartolomeo, costava 50 lire di allora, mentre chi sceglieva la porta laterale pagava la metà, 25 lire. Hanno fatto il corso prematrimoniale, «eravamo 40 coppie, il sacerdote era sbalordito per le tante presenze».

Volevano una cosa tranquilla, una festa intima con gli amici, è finita che in un paesino di provincia hanno ospitato 150 invitati in un piccolo castello. Cerimonia in un santuario mariano, con (sostanziosa) offerta libera, rinfresco, cena e festa con dj e balli, brunch oggi, per la modica cifra di 110 euro a cranio. E solo nelle ultime ore hanno saputo il numero esatto degli invitati alla loro festa, «gli italiani - lamenta Lavinia - non hanno l'abitudine di rispondere, ignorano il Rsvp richiesto esplicitamente nelle partecipazioni».
Avevano preventivato 25mila euro, sono arrivati a 30mila, «appena pronunci la parola matrimonio tutto rincara, si moltiplica, anche una semplice acconciatura arriva a centinaia di euro». Cifre enormi, insostenibili per bamboccioni e non, ma sono intervenuti pesantemente (e provvidenzialmente) i genitori, un classico.
Luca e Lavinia non hanno mobilitato stuoli di avvocati per accordi prematrimoniali, hanno semplicemente scelto la separazione dei beni, come fa ormai il 62% dei neo-sposi, soprattutto quelli laureati e diplomati. La comunione dei beni resiste solo nelle regioni del Sud, con in testa la Sicilia (50,6%), e nelle coppie che possono contare solo su licenza elementare o media inferiore.

Niente lista di nozze per pentole e gadget vari, «eravamo tentati da contributi per il viaggio di nozze, poi abbiamo chiesto un acquisto collettivo di una statua di arte contemporanea». Appassionati di computer e new media hanno fatto, ovviamente, un sito per il loro matrimonio, ci metteranno foto e filmati.

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