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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 07:52.

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Nell'Islam il corpo deve essere inumato entro 24 ore dal decesso nella nuda terra, avvolto in un sudario e rivolto verso La Mecca. Per gli americani la presunta sepoltura in mare di Osama bin Laden voleva essere probabilmente un modo per evitare che la sua tomba potesse divenire meta di pellegrinaggi per i radicali islamici.

Ma quello non era un uomo giusto, ha reso l'Islam impopolare e nel mondo musulmano sono in tanti a esserne consapevoli. E ora quella sepoltura in mare rischia di essere una gaffe. A contestarla sono stati in primis i sapienti egiziani di Al-Azhar, il più prestigioso centro teologico del mondo sunnita.
Sono secoli che i giuristi musulmani si pongono la questione di come si possa morire in mare, una questione non da poco per i marinai di tutti i tempi. A differenza del Cristianesimo, l'Islam non ha elaborato una liturgia specifica per affidare i corpi al mare e sembra che i musulmani non abbiano mai praticato l'immersione profonda, assicurata da un peso attaccato al corpo. Le alternative sembravano altre e, per esempio, nel 1939 lo scrittore e avventuriero australiano Alan Villiers incontrò tra Mogadiscio e Lamou il cadavere di un arabo che galleggiava, avvolto in modo sommario nelle fronde di una palma, e di cui i pesci si disputavano i resti. Gli fu detto che era il passeggero di qualche imbarcazione omanita.
I musulmani hanno sempre avuto paura di morire durante un viaggio in alto mare, e hanno sempre fatto il possibile per trovare sepoltura nella nuda terra. E infatti quando nel 1856 Said, sultano dell'Oman nonché comandante di una grande flotta, s'imbarcò a Mascate per raggiungere la lontana provincia di Zanzibar, ebbe il presentimento di una fine vicina. Prima della partenza fece preparare un bel po' di assi per costruire una bara e trasportare così il cadavere a destinazione, evitando di buttarlo a mare.

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