Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 08:29.

My24
La Lega «preme» per avere Tremonti al tavoloLa Lega «preme» per avere Tremonti al tavolo

La vigilia del vertice di maggioranza è all'insegna della linea dura. La Lega non recede di un passo con Silvio Berlusconi e lascia intatte sul tavolo le sue condizioni. Quei sei paletti scritti nella sua mozione sono diventati un punto di principio e soprattutto quella mozione è diventato "il" testo. L'unico possibile, insomma, attraverso il quale passa l'accordo con il Pdl sulla Libia e «non salta» il Governo. Del resto, il premier aveva aperto alla mozione definendola «costruttiva» e ora il Senatur si aspetta che, con coerenza, dica ai suoi di votarla. È questo che ha deliberato il lungo vertice di ieri in Via Bellerio per la messa a punto delle mosse al vertice di oggi. E, una in particolare, dà il senso di quanto Umberto Bossi voglia mettere sotto pressione il Cavaliere: la richiesta infatti è che partecipi al summit – e al possibile faccia a faccia con il premier – anche il ministro dell'Economia. La ragione ufficiale e comprensibile è che tra i punti centrali della mozione leghista ci sono i costi dell'operazione, quei 700 milioni scritti sulla prima pagina della Padania, in cui molti del Pdl hanno visto lo zampino di via XX Settembre.

C'è però una ragione politica dietro questo pressing. La presenza di Tremonti serve a marcare due cose: la difesa del Carroccio contro gli attacchi al ministro ma, allo stesso tempo, la necessità di avere la sua mediazione punta a indebolire quell'asse Senatur-Cavaliere che ha sempre tenuto nei momenti critici della legislatura. In molti scommettono che oggi si troverà un accordo ma la strategia della Lega con il Pdl e il premier è stata feroce: un rosolamento lento fino all'ultimo minuto utile. Dunque, se anche non ci sarà una crisi di governo c'è un avviso di sfratto per Berlusconi e un "salto" già verso il dopo-Cavaliere.

«Ma noi non possiamo recedere dalla nostra posizione sulla guerra. Soprattutto perché la nostra gente è con noi e non solo i padani. L'opinione pubblica è contro la guerra perché non vuole gli sbarchi di clandestini e perché – a questo punto – le minacce di Gheddafi fanno paura. Avevamo ragione sin dall'inizio e ora non facciamo marcia indietro». Così parlano quasi tutti i deputati leghisti che sentono il clima pre-elettorale visto che sono tutti impegnatissimi nelle varie campagne locali. E se i "padani" cercano l'avanzata ai danni del Pdl, in casa del partito del premier c'è molta preoccupazione – e fastidio – per questa "egemonia" leghista sbandierata proprio a un passo dalle amministrative. Come se il Carroccio fosse già leader della coalizione di centro-destra.

Dunque oggi la formazione leghista sarà al completo: oltre ai capigruppo Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, ci saranno i ministri Maroni e Calderoli e – probabilmente – Giulio Tremonti. «Se domani (oggi, ndr) Giulio parteciperà all'incontro magari riusciremo a trovare una via d'uscita», diceva un deputato di peso. Sta di fatto che al tavolo di oggi si comincia a trattare a tutto campo. Dallo sviluppo ai sottosegretari fino ai posti chiave nella giunta milanese. E pure sul decreto per introdurre il reato di immigrazione clandestina. Un accordo-quadro che va oltre la Libia e dà un reset ai rapporti di forza alterati dopo la scelta solitaria di Berlusconi sul via libera ai bombardamenti e dopo gli attacchi di ministri e giornali berlsuconiani a Giulio Tremonti.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi