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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 08:26.

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Napolitano avverte: la responsabilità resta di Governo e CamereNapolitano avverte: la responsabilità resta di Governo e Camere

Già sabato scorso, in margine alle celebrazioni per il 1° maggio, dal Quirinale era filtrata una netta «presa di distanza» rispetto alle notizie di fonte politica, che si andavano diffondendo, di un presunto coinvolgimento del Colle nella stesura delle mozioni sull'intervento militare in Libia. Ora, alla vigilia della discussione alla Camera, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano fa sapere che la decisione sugli sviluppi «dell'adesione già data dall'Italia agli indirizzi formulati e alle misure autorizzate» dalla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell'Onu sull'intervento italiano in Libia», resta «di esclusiva responsabilità del governo e del Parlamento». In sostanza, Napolitano comunica apertis verbis che è del tutto improprio tirare in ballo il Colle «a copertura» di questa o quella mozione, sia essa di maggioranza che di opposizione.

Del resto, Napolitano ha già detto la sua sull'argomento in occasione della riunione del Consiglio supremo di Difesa di metà marzo. Concetti ripresi il 26 aprile nel corso dell'incontro al Quirinale con le associazioni combattentistiche e partigiane. In sostanza, l'ulteriore impegno dell'Italia in Libia costituisce «il naturale sviluppo», di quella scelta confortata peraltro da «ampio consenso in Parlamento». Come dire che il tutto rientra a pieno in quanto prevede l'articolo 11 della Costituzione: fermo restando il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie, resta fermo l'impegno a sostegno di iniziative assunte nelle competenti sedi internazionali. E l'Onu è la prima tra queste.

La precisazione di ieri è in replica ad alcune ricostruzioni giornalistiche apparse nei giorni scorsi, in cui vengono attribuiti al presidente della Repubblica «in modo del tutto arbitrario», interventi relativi alle mozioni sulla Libia. Si è parlato di una telefonata tra Napolitano e il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che non c'è stata. In più, non è piaciuta a Napolitano «la polemica dai toni provocatori», messa in atto ieri da un quotidiano, in cui lo si accusa tra l'altro di tenere artificiosamente in vita «un governo morto». La replica del Colle è che il capo dello Stato interviene nelle sedi istituzionali proprie e non certo su mozioni, la cui stesura rientra nelle competenze esclusive delle forze politiche e poi del Parlamento che deve esaminarle ed eventualmente votarle.

Giovedì scorso lo ha detto chiaramente al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ricevuto al Quirinale nel pieno dell'impasse determinata dalla dissociazione della Lega: è il governo, in primo luogo, che deve assumere decisioni e atteggiamenti coerenti con quanto già deliberato dal Parlamento. In sostanza, dalla decisione con la quale le Camere hanno autorizzato la missione non si torna indietro. Per questo motivo dal Colle si ribadisce che il piano istituzionale va nettamente distinto da quello politico. Ed è propriamente all'ambito istituzionale che Napolitano intende fermamente attenersi.

Nessuna contrarietà preventiva a un nuovo pronunciamento del Parlamento, a patto che non si ponga in discussione quanto già deciso. È evidente l'intento di evitare che l'intera vicenda finisca per infliggere un colpo alla credibilità del paese sullo scenario internazionale. In una fase convulsa come l'attuale, non se ne sente proprio il bisogno, in poche parole.

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