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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 23:10.

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Le armi libiche in mano ad Al Qaeda nel MaghrebLe armi libiche in mano ad Al Qaeda nel Maghreb

Parigi è preoccupata per le armi fuoriuscite dagli arsenali di Gheddafi in Cirenaica e nelle città passate sotto il controllo dei ribelli e in parte finite ad alimentare le dotazioni dei miliziani di al-Qaeda nel Maghreb Islamico.

Secondo il ministro dell'interno francese, Claude Gueant «occorre sapere che, tenuto conto della situazione in Libia, un certo numero di armi hanno lasciato quel territorio e sono finite nelle zone occupate da Al Qaida per il Maghreb islamico, in particolare nel Mali». In un'intervista radio Rtl, Gueant si è detto «particolarmente preoccupato» per la sorte dei quattro ostaggi francesi nelle mani dell'Aqmi. Quest'ultima ha nelle sue mani anche un ostaggio italiano, Maria Sandra Mariani, rapita in Algeria il 2 febbraio scorso. Ieri il ministro degli esteri del Mali, Sumelyu Bubeye Maiga, in un'intervista al quotidiano Le Monde aveva detto che le autorità del suo Paese hanno «registrato sul territorio un afflusso di armi pesanti rubate dagli arsenali libici» definite un pericolo per gli stranieri ma soprattutto per la stabilità del Malì. A fine marzo il presidente del Ciad, Idriss Deby Itno, in un'intervista al periodico Jeune Afrique aveva affermato che «'estremisti di Al Qaida avevano approfittato dei saccheggi degli arsenali nelle zone controllate dai ribelli libici per approvvigionarsi di armi, compresi missili terra-aria, che sono stati contrabbandati nei loro territori»' nel deserto del Tenerè.

La presenza di armi libiche e soprattutto di missili antiaerei portatili Sa-7 (impiegabili facilmente per azioni terroristiche contro aerei civili ed elicotteri) tra i miliziani jihadisti era stata segnalata anche dai servizi d'intelligence algerini che a quanto pare non hanno però offerto collaborazione ai francesi che secondo alcune indiscrezioni trapelate da Algeri avevano inviato nel marzo scorso nel deserto libico team di forze speciali. Il compito di questo reparti, uno dei quali venne dato per disperso, non è mai stato chiarito: intercettare i carichi di armi libiche dirette ad al-Qaeda nel Maghreb o segnalare alle forze aeree alleate i convogli di mercenari che attraverso quelle stesse piste sahariane rifornivano di combattenti i reparti del Colonnello Gheddafi. Pare comunque certo che molte delle armi contenute nei depositi governativi siano state saccheggiate da trafficanti senza scrupoli ai quali hanno dovuto rivolgersi persino esponenti degli insorti libici di Bengasi per acquistare armi e munizioni con le quali rifornire via nave i ribelli circondati a Misurata.

Il sito Debka, vicino ai servizi di sicurezza israeliani, aveva rivelato per primo l'esistenza di un florido mercato di armi libiche per trafficanti che dal Fezzan, nel sud del Paese nordafricano, hanno rifornito le milizie di al-Qaeda e avrebbe trattato anche la vendita ai miliziani palestinesi di Hamas e a quelli libanesi di Hezbollah (attraverso il Sudan) di alcuni contenitori di Yprite, l 'aggressivo chimico fino al 2004 presente in grandi quantità negli arsenali libici ma che Gheddafi dovrebbe avere in gran parte distrutto dopo gli accordi con Londra e Washington in base ai quali rinunciò alle armi di distruzione di massa. Difficile attribuire o meno credibilità a queste indiscrezioni ma, specie nelle fasi iniziali della rivolta, i ribelli si tenevano alla larga dai depositi di armi nelle aree sotto il loro controllo perché erano divenuti un obiettivo prioritario per le forze aeree di Gheddafi. L'assenza di controlli ha consentito ai trafficanti di trafugare ingenti quantitativi di armi, soprattutto quelle in grado di avere un ricco mercato clandestino.

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