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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2011 alle ore 13:36.

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Alla fine a rimanere a bocca asciutta è soprattutto l'attivissimo leader di Alleanza di centro, il giornalista Francesco Pionati, che resta fuori dal rimpasto di Governo deciso oggi in Cdm. Niente poltrone, poi, nemmeno per Noisud: la corsa tra Antonio Milo ed Elio Belcastro finisce con un nulla di fatto. Per il resto l'allargamento della squadra di Governo conferma le indiscrezioni degli ultimi giorni. Ecco chi sono le new entry dell'esecutivo.

I Responsabili giunti a Palazzo Chigi. Avevano chiesto cinque poltrone per accontentare tutte le correnti del piccolo plotoncino parlamentare. Alla fine, invece, ne portano a casa solo tre. Così il rimpasto premia la biondissima imprenditrice umbra Catia Polidori, solo omonima di Francesco, fondatore del Cepu, tornata tra le braccia del Cavaliere (insieme agli ex colleghi di Fli, Silvano Moffa e Maria Grazia Siliquini) nel giorno della fiducia al governo Berlusconi. Lei, lanciata da Fini grazie al suo impegno nella fondazione Farefuturo, aveva aperto con pathos e promettendo massimo impegno la convention finiana di Bastia Umbra. Poi, pochi mesi dopo, il ritorno nella maggioranza.

Catone e Cesario strateghi del consenso
Come Giampiero Catone, anche lui finiano pentito, direttore della Discussione e che, poco prima dell'addio al presidente della Camera, aveva già fatto capire quale sarebbe stato il suo futuro non firmando la mozione di sfiducia contro il Governo presentata dal Terzo polo. «Sono commercialista e professore universitario. Insegno un po' ovunque e ho ottime entrature», disse di sé in una intervista. Un politico navigato, insomma, proprio come il campano Bruno Cesario, passato dal Pd all'Api, prima dell'approdo tra i responsabili: un re dei consensi visto che, raccontò un po' di tempo fa, «in Campania ho fatto prendere a Rutelli 84mila voti», tutti portati nella nuova avventura.

I finiani pentiti tornati tra le braccia del premier. Uomini attivissimi sul territorio, quindi, proprio come i due ex compagni di Fli che hanno preferito tornare dritti dritti nel Pdl dopo l'addio a Fini: Roberto Rosso e Luca Bellotti. Il primo, da Casale Monferrato, arriva alla politica prestissimo: a soli 19 anni milita già nelle fila della Dc, poi nel '94 lascia lo scudo crociato per seguire Berlusconi cui dice addio per una parentesi brevissima. Il suo soggiorno in casa dei finiani dura infatti appena 4 mesi. Più o meno lo stesso tempo di permanenza di Bellotti, cresciuto a pane e Alleanza nazionale di cui è stato presidente provinciale a Rovigo e membro della direzione nazionale. Un ruolo importante in Veneto che ha conservato anche nel Pdl dove è stato vice coordinatore provinciale, almeno fino al trasloco nella pattuglia futurista.

Gli altri promossi. Nell'esecutivo troveranno poi posto altri transfughi del Terzo polo che arrivano però da altre destinazioni. Come l'ex Mpa Aurelio Misiti, l'ingegnere calabrese, con un passato anche nell'Idv, che Berlusconi ha promosso alle Infrastrutture. Con lui il premier vanta un rapporto di lunga data, tanto che nel 2003 lo nominò commissario straordinario per le grandi opere del Sud tra le quali spiccava il Ponte sullo stretto. Già sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi, arriva invece dai liberaldemocratici Daniela Melchiorre, magistrato che nel 2009 raccolse un simpatico primato: fu eletta la deputata più sexy in un sondaggio degli autotrasportatori. Di lei, giunta in politica sotto l'ala protettrice di Lamberto Dini e Francesco Rutelli nella Margherita, si ricordano le battaglie per la piccola Vika, la bambina bielorussa nascosta per 19 giorni da una coppia di genovesi che volevano adottarla e poi riconsegnata al paese d'origine. Ultimi due promossi il pidiellino Antonio Gentile, senatore calabrese ricompensato, pare, per sanare lo scontro sorto attorno alla candidatura del centrista Occhiuto alla poltrona di sindaco di Cosenza (la città del senatore) e l'ex Pd, Riccardo Villari, salito agli onori della cronaca per la strenua resistenza sulla poltrona di presidente della commissione di Vigilanza Rai, eletto con un colpo di mano della maggioranza e poi espulso dai democratici.

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