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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2011 alle ore 19:00.

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Nessuno tra i big in corsa per la poltrona di primo cittadino a Milano è accorso all'appello del Tea Party nazionale «una firma contro le tasse». In compenso, la proposta made in Italy dei patrioti della nuova destra americana, con la sponda dell'Associazione Confcontribuenti, ha raccolto questa mattina l'adesione di un parterre trasversale di candidati al Consiglio comunale.

Capitanati da Gianfranco Pagliarini – primo firmatario della mozione anti-tasse e unico tra i candidati sindaci ad apporre pubblicamente il suo placet – la squadra dei dieci irriducibili «contro lo Stato paternalista che risucchia le risorse dei cittadini» si è formalmente impegnata a tutelare i contribuenti milanesi in caso di elezione. Le parole d'ordine della campagna seguono tre indicazioni: riduzione della spesa pubblica comunale, pareggio di bilancio e nessuna addizionale comunale o altra nuova imposta. «Mi sono impegnato a non aumentare le tasse – attacca Pagliarini – ma se devo indicare dei tagli da fare, a Milano gli esempi non mancano. Penso al Teatro degli Arcimboldi o alle società partecipate in cronico deficit, alla moltiplicazione delle poltrone e degli incarichi, al patrimonio della case Erp di proprietà comunale, allo stipendio dei presidenti dei Consigli di zona, 3.500 euro mensili. Occorre insomma razionalizzare le spese e, soprattutto, privatizzare i servizi a garanzia di una gestione efficiente».

In lista con Pagliarini, Stefano Bisogni ricorda che «abbiamo la più alta fiscalità d'Europa e il terzo debito pubblico al mondo: troppe tasse e poco sviluppo per chi non vive di espedienti statali». Lo slogan populista di Tea Party Italia è riuscito però là dove la politica fallisce quotidianamente, mettendo insieme le firme di candidati in corsa per schieramenti opposti. «Siamo da sempre in prima linea nella battaglia in favore delle privatizzazioni – conferma Lorenzo Lipparini, della lista Bonino-Pannella nella coalizione per Giuliano Pisapia sindaco – il pubblico deve mantenere il ruolo del controllore, stabilire degli standard e coordinare la pianificazione territoriale. Non ci può essere commistione tra chi possiede e chi controlla. Da dove iniziare? Informatizzazione della P.A. e vendita delle quote nelle partecipate». Sulla stessa lunghezza d'onda Stefano Marani Tassinari, candidato del Nuovo Polo per Milano di Manfredi Palmeri: «È una battaglia centrale contro il "parastato" – spiega – perché c'è un problema strutturale, chi ha in mano il potere non lo molla, e uno sociale, l'occupazione crea consenso.

Abbiamo bisogno quindi di stabilire dei criteri standard di efficienza sulla base dei quali misurare i costi. Esempi di tagli? I vigili. Quanti sono quelli davvero per strada?». Fillipo Totino, in lista Pdl per la Moratti sindaco, riassume un po' per tutti il collante che mette insieme provenienze così diverse: «Il Tea Party svolge un'attività politica tematica. I partiti non sono più luoghi di appartenenza ideologica, ma strumenti per portare avanti singole battaglie». In altre parole, si sale e si scende a consumo, come taxi da utilizzare per brevi tragitti.

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