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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 08:11.

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I 20 rappresentanti
Il Consiglio centrale, nel corso della riunione di ieri a Bergamo, ha nominato 20 rappresentanti di Piccola Industria che faranno parte della Giunta di Confindustria 2011 - 2013, che si insedierà il prossimo 25 maggio:
Ernesto Abbona (Cuneo)
Rosario Amarù (Caltanissetta)
Gianpiero Canestraro (Frosinone)
Gianluigi Casati (Varese)
Massimo Cavazza (Bologna)
Luca Cielo (Vicenza)
Francesco Franceschetti (Brescia)
Maria Cristina Gherpelli (Reggio Emilia)
Massimo Giaccherini (Arezzo)
Salvatore Giordano (Asti)
Alfredo Lingeri (Aosta)
Diego Lorenzon (Venezia)
Luigi Lucchetti (Milano)
Mario Mancini (Fermo)
Paolo Marsano (Genova)
Salvatore Palermo (Gorizia)
Ambra Redaelli (Monza e Brianza)
Bruno Scuotto (Napoli)
Giuseppe Stigliano (Matera)
Gianluigi Viscardi (Bergamo)
BERGAMO. Dal nostro inviato
I casi di successo sono lì, in platea, tra i 300 piccoli imprenditori arrivati ieri a Bergamo per il Consiglio nazionale, che si è riunito alla vigilia delle Assise. Sono descritti, tra numeri e statistiche, nel grande volume "Costruire il futuro, Pmi protagoniste: sfide e strategie", preparato per l'occasione dal Centro studi. Ma il messaggio del presidente della Piccola industria di Confindustria, Vincenzo Boccia, è a luci e ombre: «Da soli possiamo fare tanto. Ma è vero anche che da soli non ce la facciamo», ha detto chiudendo la riunione di ieri. Nessuna richiesta di aiuto: «Non vogliamo sconti, ma chiediamo di rimuovere i nodi che bloccano l'Italia». Tutti temi che saranno affrontati oggi, nella riunione delle Assise: «Non è possibile che esista una parte del paese che vive di rendita e un'altra che invece è aperta al rischio e vive di mercato. Alle Assise diremo che è ora di smettere di governare nell'interesse particolare e che invece bisogna fare l'interesse di tutto il paese».
C'è delusione, ammette Boccia, e anche un «sentiment di rabbia», ma vuole guardare oltre, facendo appello alla «passione degli imprenditori», e all'«ottimismo che contraddistingue chi fa questo mestiere».
I problemi restano e vanno risolti. Dando una risposta alle tre domande che dovranno essere affrontate oggi: «Cosa possiamo fare noi, cosa possiamo fare insieme agli altri, cioè i sindacati e le altre istituzioni, cosa deve fare la politica economica». La Germania, dice Boccia, si è data la missione di diventare il più grande paese esportatore. «Anche noi dobbiamo trovare la nostra identità». Bisogna creare un circolo virtuoso: usare la nostra forza di sistema per andare all'estero a vendere prodotti e servizi, ma contemporaneamente attrarre investimenti stranieri e turisti. «Se le nostre imprese crescono all'estero quel benessere potrebbe riflettersi a casa nostra, facendo aumentare i salari e rilanciando la domanda interna». Un percorso che va accelerato con decisioni di politica economica da parte del governo. E sul quale coinvolgere anche i lavoratori: «Devono essere i nostri alleati, una collaborazione per la competitività, perchè se ci facciamo la guerra in casa abbiamo già perso». Ma appunto serve anche che il governo agisca. Difficile competere con un tax rate che arriva anche al 70%, come emerge non solo dalle statistiche, ma anche dalle testimonianze della platea; difficile se oltre a lavorare si deve combattere con la burocrazia. «Abbiamo addirittura un ministro per la Semplificazione, solo che la madre delle complicazioni è sempre incinta e sforna figli a valanga». Ciò non toglie che anche il mondo delle aziende debba migliorare se stesso. I punti di forza e le criticità sono emersi nella ricerca che è stata presentata dal direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi, e dal dibattito con Giorgio Brunetti, della Fondazione Nord Est, e Matteo Bugamelli, Banca d'Italia. La capacità di innovazione è la caratteristica delle imprese che ce la fanno, come è emerso da un sondaggio realizzato su 508 imprese. E non a caso, ha sottolineato Boccia, è stata scelta come sede del Consiglio centrale il Kilometro Rosso, alle porte di Bergamo: un parco scientifico e tecnologico, totalmente finanziato dai privati, promosso, tra gli altri, dalla Brembo di Alberto Bombassei, che ieri è stato padrone di casa.
Altro elemento fondamentale la crescita dimensionale: chi è più grande, ha spiegato Paolazzi, esporta di più, in un maggior numero di mercati, riesce di conseguenza ad avere una maggiore produttività.
Esattamente quel circolo virtuoso che si vuole estendere. Ma questo non basta, come ha sottolineato Brunetti: bisogna punare all'eccellenza di tutti gli aspetti dell'organizzazione e non solo sulla produzione, superare le «timidezze imprenditoriali» come il freno della famiglia e l'allergia all'apertura del capitale a terzi. Un elemento rilanciato anche da Bugamelli: nella maggior parte delle nostre Pmi tutta la proprietà e il management sono familiari, e ciò può comportare un meccanismo decisionale accentrato e una minore propensione al rischio. Elementi che possono pesare più della piccola dimensione.
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