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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2011 alle ore 17:18.

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Voci che Atene voglia chiedere un nuovo salvataggio, Londra appoggia l'idea (Epa)Voci che Atene voglia chiedere un nuovo salvataggio, Londra appoggia l'idea (Epa)

«La Grecia potrebbe rinunciare all'euro e tornare alla dracma» annuncia venerdì sera il settimanale tedesco Der Spiegel; nella notte una riunione d'emergenza dei ministri delle Finanze dell'eurozona alimenta questa ricostruzione. Il giorno dopo il governo di Atene, primo paese con l'euro a rischio bancarotta, reagisce risentito: il premier Papandreou parla di stampa «criminale», ma si fa sempre più probabile un aiuto extra oltre ai 110 miliardi in tre anni accordati nel 2010 vincolato però a precise garanzie.

Oggi arrivano rassicurazioni da Londra e Berlino ma i siti di Financial Times e Wall Street Journal confermano: il ministro delle finanze greco George Papacostantinou pensa di chiedere un nuovo salvataggio ai paesi dell'Eurozona in modo che la Grecia compri il suo debito. «I mercati continuano a non credere al nostro paese - ha detto sabato Papacostantinou ai reporter - dobbiamo pianificare i prossimi passi per il 2012 e il 2013».

L'appoggio di Londra
La richiesta di Papacostantinou è in linea con quanto oggi dichiara il cancelliere dello scacchiere inglese, George Osborne. Secondo Osborne i ministri dell'Unione europea dovrebbero optare per nuovi aiuti perché la bancarotta della Grecia non è inevitabile e non ci sono segnali «privati o pubblici» che il paese voglia abbandonare l'euro. «Ci vuole un nuovo aiuto per esempio dall'eurozona», dice Osborne alla Bbc. «Ora ci sono domande difficili a cui la Grecia deve rispondere - aggiunge il Cancelliere -: quando l'anno scorso venne approvato il primo salvataggio si ipotizzò che la Grecia potesse tornare a chiedere prestiti nel 2012. Ora però i mercati sono scettici per quello che sta accadendo» . Poi un chiarimento: «Certo è - conclude - che l'aiuto diretto del Regno Unito all'Irlanda è stato un "caso speciale" che non si ripeterà per Grecia e Portogallo. I contribuenti britannici non pagheranno direttamente il conto né ai greci né ai portoghesi né a nessun altro».

Le rassicurazioni di Berlino
Intanto da Berlino, il ministro dell'Economia tedesco, Rainer Bruederle, condanna le voci sulla possibile uscita dall'Eurozona di Atene e il ritorno alla dracma: sostiene che un addio della Grecia alla moneta unica potrebbe solo indebolire l'Europa in un momento in cui «il nostro obiettivo deve essere quello di rafforzarla». Messaggi rassicuranti dopo che il primo esame della Grecia a un anno dal quasi crack non è stato dei migliori: il rapporto deficit/Pil invece di migliorare sembra diventare insostenibile. Bruederle dice però che i greci hanno bisogno di tempo per mettere a punto le riforme: le continue voci sulla necessità di ristrutturare il debito e adesso quelle di una possibile uscita dall'euro certo non aiutano questo processo. «Che la strada per i greci sia accidentata non è certo un segreto», dice il ministro dell'Economia tedesco. E aggiunge: «La speculatione uno giorno sì e un giorno generano altre sapeculazioni ma non rafforzano l'Europa». Sulla stessa scia del premier greco Papandreou, Bruederle definisce «irritante» le scelte di comunicazione che hanno caratterizzato il vertice dei ministri a Lussemburgo venerdì e le indiscrezioni del sito di Der Spiegel poi defnite totalmente sbagliate dal portavoce del presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker.

Gli economisti tedeschi si dividono
In Germania però il dibattito è aperto. Hans-Werner Sinn, presidente dell'Istituto per le la ricerca economica Ifo, dice oggi alla Frankfurter Allgemeine che un'uscita della Grecia dall'euro «potrebbe essere il minore dei mali» perché il paese potrebbe svalutare la sua valuta e diventare più competitivo. Altri economisti non sono d'accordo e mettono in guardia da un possibile effetto domino nel caso in cui la Grecia dovesse abbandonare l'euro. «Se la Grecia reintroducesse la dracma, i greci assalirebbero le banche per cambiare tutto quello che hanno in euro», dice a Die Welt Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank.

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