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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2011 alle ore 06:36.

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I loro destini sono legati a filo doppio. Se il paese affonda lentamente, sotto i colpi della crisi e delle conseguenti e continue bocciature da parte delle agenzie di rating, le banche greche rischiano inevitabilmente di fare la stessa fine. Il sistema bancario non può reggere a lungo la crisi sistemica di un paese. E le banche greche sono pesantemente andate in soccorso del Governo di Atene. Necessità o spirito di servizio? Sta di fatto che gli istituti ellenici vivono oggi sopra una mina.
Quella mina pronta a esplodere sono i bond governativi di Atene di cui le banche greche hanno fatto incetta. Oggi, calcolano gli analisti di Deutsche Bank, il sistema bancario ellenico ha in pancia circa 50 miliardi di titoli governativi domestici.
Bond per 50 miliardi
Un valore che di per sé non dice granché. Ma che pesa per 2,2 volte il valore del patrimonio netto tangibile delle banche. E quei bond sono stati comprati nel corso della crisi e non scontano a tutt'oggi un eventuale taglio ("haircut") definitivo del loro valore, se Atene dovesse ristrutturare il debito.
Basti pensare che il titolo biennale che valeva 94 un anno fa, oggi quota a 71. Il quinquennale ha perso in 12 mesi quasi il 40 per cento del suo valore passando da una quotazione di 93 a quella odierna di 56. Sulla stessa lunghezza d'onda i titoli decennali del debito di Atene: valevano 89 nel maggio 2010 sono precipitati a quota 54.
Ovvio che le banche abbiano preso le loro contromisure. La maggior parte dei titoli non sono nei portafogli di trading così da non dover, nella forma, valutarli a prezzi di mercato. Ma nella sostanza tutti gli operatori sanno che quella in pancia alle banche greche assomiglia ormai a carta straccia.
Gli effetti del taglio
E soprattutto con un valore nominale così alto rispetto al capitale, un taglio del 25-30% del prezzo dei titoli del debito pubblico greco avrebbe effetti dirompenti sul patrimonio degli istituti. Gli analisti di Credit Suisse hanno stimato che un taglio del 25% produrrebbe perdite per almeno 8 miliardi così da portare il Core Tier1 in deficit per molti istituti. Tra quelli più esposti in termini relativi e che dovrebbero largamente ricapitalizzare ci sarebbero Pireus Bank, che si ritroverebbe con un deficit di capitale sul core Tier1 del 3,1% da colmare. Male anche Eurobank; AteBank; Emporiki e Postbank. Tutte in forte difficoltà sul capitale di vigilanza. Solo National Bank of Greece, grazie alla sua alta patrimonializzazione, non si troverebbe nei guai. Ma è una magra soddisfazione.
Il rubinetto Bce
L'altro nervo scoperto è la sempre più forte dipendenza da Francoforte. I prestiti della Bce alle banche elleniche hanno toccato quota 98 miliardi e valgono il 19% dell'intero bilancio aggregato. Quel rubinetto aperto di Francoforte consente la sopravvivenza del sistema, ma non può continuare all'infinito. Ed è la progressione che inquieta: nel 2009 la Bce forniva il 10% delle attività, ora siamo al doppio. Con Pireus che vede i prestiti Bce al 30% dei suoi attivi; AteBank al 27% ed Eurobank al 23%. Del resto Francoforte è indispensabile. Le banche sono strette nella doppia morsa di sofferenze (in forte crescita) e depositanti in fuga. I crediti non recuperabili hanno sfondato per tutte le banche quota 8%, che significa ulteriori perdite per una decina di miliardi, e i depositi della clientela domestica hanno visto un calo dell'11%, solo nel 2010, passando da 106 miliardi del 2009 a 94 miliardi. Numeri da sistema in fortissima tensione. Basterà poco per spingere il sistema finanziario greco sull'orlo del baratro.
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