Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 06:36.

My24


Ci si ricorda ancora la bolla di internet di 11-12 anni fa, quando i titoli che in qualche modo avevano a che fare con il Web volarono tutti in borsa. Ma non capite che questa è una rivoluzione ancor più grande della macchina a vapore, spiegavano entusiasti folle di analisti, di operatori e di piccoli investitori a quei pochi che guardavano con scetticismo certe piccole aziende, sorte dal nulla e valutate 100-200 o più volte i ricavi. Follie, s'è cominciato a dire dopo il 2002, quando la bolla s'era miseramente sgonfiata e gran parte di quelle società erano finite in fallimento. Follie – s'è continuato a ripetere – che sarà difficile rivedere in futuro.
Rieccole invece. Renren, la versione cinese di Facebook, è stata collocata la settimana scorsa a Wall Street a una valutazione di 5,5 miliardi di dollari: che significa 72 volte i ricavi 2010, quando perse oltre 64 milioni. Da 14 dollari per azione, il titolo è volato subito a 22 (+57%), come succedeva per i collocamenti dei titoli internet nel 1999. Ieri era ritornato pressoché ai prezzi di collocamento. Skype, acquistata da Microsoft per 8,5 miliardi, sembra regalata al confronto. La valutazione esprime un multiplo di appena 9,9 volte i ricavi 2010 e di oltre 32 volte gli utili operativi (quelli netti sono negativi). Ma Skype assomiglia troppo a una società telefonica e non si capisce dove possa fare un mare di ricavi, visto che il servizio è gratuito e le entrate arrivano solo dalla pubblicità. Non è ozioso far notare che la nostra Telecom, la quale visse essa pure una stagione d'oro ai tempi della bolla internet, capitalizza due terzi del fatturato e neanche 6 volte gli utili.
La regina dei multipli è Twitter che, in base ai prezzi con cui si scambiano vorticosamente le azioni alcune banche d'affari e società di venture capital, potrebbe valere 10 miliardi: la bellezza di 222 volte i ricavi del 2010 e 67 volte quelli sperati quest'anno. E gli utili? Non si sa se ne abbia mai fatti, ma i fondatori del micro blog devono avere ambizioni piuttosto grandi, se qualche mese fa confessarono a Reuters che la loro società poteva, in futuro, valere fino a 100 miliardi.
La regina della nuova internet mania è Facebook, valutata nelle recenti transazioni al mercato grigio attorno ai 70 miliardi: 38 volte i ricavi e 140 volte l'utile netto stimato per il 2010. Ma tutti la vogliono e Goldman Sachs sta facendo un sacco di soldi nel piazzare quote agli investitori. Se sono attendibili i prezzi pretesi una settimana fa da alcuni venditori della prima ora, Facebook potrebbe valere addirittura 90 miliardi. Il più famoso social network venne valutato 10 miliardi nel 2009: e sembrò una follia. L'anno successivo era già a 35 miliardi. La rapida ascesa dei prezzi (tra privati) fa credere che non abbiamo ancora visto l'apoteosi di questa nuova mania.
Si prenda Groupon (gruppi d'acquisto), valutata 1,35 miliardi 5 mesi fa, 4 miliardi due mesi dopo e 20 miliardi adesso. La vorrebbero tutti e Google ci provò a dicembre offrendo 6 miliardi. Venne respinta, come racconta una fonte vicina a Groupon, perché gli azionisti erano consapevoli che i prezzi sarebbero aumentati. Ambita è pure Linkedin, una sottospecie di Facebook con 100 milioni di utenti, giudicata «a sconto» dagli entusiasti analisti della nuova frontiera di internet.
Una nuova bolla? «Ci vorrà parecchio tempo, prima che scoppi e la festa potrebbe durare ancora un paio d'anni», sostiene Eric Jackson di Ironfire Capital. «La gente ragiona come se i social network dovessero sostituire tutta l'informazione esistente», spiegano gli analisti di Hype Report. È lo stesso errore di 12 anni fa, quando si credeva che il Web potesse catalizzare un mare di soldi. A quei tempi, un'analisi condotta dal Sole 24Ore cercò di dimostrare che le famiglie italiane avrebbero dovuto spendere in bollette circa il 40% delle loro entrate per giustificare (in base a multipli ragionevoli sui ricavi) l'insieme delle capitalizzazioni di tutte le società internet e telefoniche di Piazza Affari. Oggi si potrebbe fare un ragionamento non dissimile, osservando che tutta la pubblicità mondiale, su tutti i diversi mezzi di comunicazione, è una torta da 470 miliardi di dollari. Enorme fin che si vuole, ma non infinita.
Probabilmente siamo ancora nella fase in cui un colosso come Microsoft può permettersi di strapagare Skype perché, come sottolinea un analista italiano, Microsoft ha i soldi e Skype le idee. E un gigante come l'azienda di Bill Gates non può vivere sugli allori. Microsoft ha perso ieri lo 0,6%, ma Ebay (il venditore) ha guadagnato il 2,5%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi