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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2011 alle ore 06:39.
MILANO
Fine del fair play. La campagna elettorale per le amministrative di Milano, a 5 giorni dal voto, si infuoca. Il testa a testa di ieri su Sky tra Letizia Moratti, candidata del centrodestra, e Giuliano Pisapia, candidato del centrosinistra, è iniziato con uno scambio di battute sulla sicurezza in città ed è finito con una querela per diffamazione aggravata ai danni della Moratti.
Il sindaco Moratti, durante il confronto televisivo, ha chiuso la trasmissione sferrando un colpo basso: «Pisapia ha partecipato al furto di un auto, che serviva per un sequestro e pestaggio, ed è stato ritenuto responsabile dalla giustizia, poi è stato amnistiato dalla Corte d'assise d'appello. Ma l'amnistia non è un'assoluzione». Pisapia in un primo momento reagisce tranquillamente, replica che si tratta di una menzogna ma in tv non c'è tempo di replicare e spiegare: la trasmissione è finita.
Le reazioni più severe partono così nel primo pomeriggio di ieri: Pisapia annuncia una querela per diffamazione aggravata contro la Moratti e distribuisce il materiale di quanto accaduto nel 1985. Si tratta, spiega il candidato di centrosinistra, di un errore giudiziario già raccontato un mese fa. Per questa vicenda Pisapia venne prima amnistiato, poi però fu lui stesso a fare ricorso per ottenere giustizia e vedersi riconosciuta l'innocenza. «Letizia Moratti ha commesso un'azione vergognosa, strumentalizzando il fatto di parlare per ultima e dicendo il falso – ha detto Pisapia –. Sono stato vittima di un errore e sono stato assolto quando ancora c'era la formula dell'insufficienza di prove».
La sentenza della Corte d'assise d'appello di Milano (presieduta da Luigi Maria Guicciardi nel procedimento n.76 del 1985) in effetti parla chiaro. Alle pagine 1.562 e 1.563 si legge: «In conclusione non vi è prova di una partecipazione di Pisapia, sia pure solo sotto il profilo morale, al fatto per il quale è stata elevata a suo carico l'imputazione di furto, dalla quale l'appellante va pertanto assolto per non aver commesso il fatto». Anche il direttore di Sky Tg24, Emilio Carelli, dopo aver mandato in onda il dibattito nel pomeriggio, riporta quanto raccontato da Pisapia, non avendo avuto il tempo in trasmissione di concedere al candidato il diritto di replica.
Berlusconi, riferiscono alcuni, non avrebbe affatto apprezzato l'affondo della Moratti. Ma in serata il portavoce Paolo Bonaiuti smentisce: «nessun moto d'ira o commento dal premier». La Moratti ci riprova e aggiusta il tiro poche ore dopo: «Non parlavo della sentenza in quanto tale, ma del fatto che lui non è un moderato, perché l'ambiente politico che frequentava è quello che ha stabilito la prima sentenza». Nessun accenno al fatto che la stessa sentenza ha avuto poi una correzione, e che l'amnistia si è trasformata in un'assoluzione. Giudizio politico, dunque, non giudiziario.
Intanto però la querela è partita, e in difesa di Pisapia è corso Pierluigi Bersani, ieri a Milano. «La Moratti si è sparata da sola sui piedi», ha detto ieri il segretario del Pd. Ma critiche al sindaco arrivano anche dal centrodestra. «Io non l'avrei fatto, tanto non ci fa guadagnare voti» ha commentato Umberto Bossi. Anche nello staff della Moratti sembra siano in corso discussioni: non tutti i responsabili della comunicazione pare fossero d'accordo sul colpo basso da sferrare all'avversario.
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