Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2011 alle ore 08:13.

My24


Dopo aver annunciato la sua inafferrabilità, Muammar Gheddafi gioca la carta della "guerra santa" per resistere alla pressione militare della Nato. Ad offrire al raìs questa opportunità è stata la morte di undici imam colpiti a Mersa-el-Brega da un ordigno della Nato denunciata dal portavoce del Governo libico, Moussa Ibrahim. La morte dei religiosi, secondo Tripoli recatisi a Brega per pregare per la pace e uccisi mentre dormivano, ha provocato la "fatwa" (editto religioso di condanna) emessa ieri dall'imam Noureddin al-Mijrah nei confronti dei cittadini di alcuni Paesi della Nato impegnati nei bombardamenti sulla Libia (Francia, Italia, Danimarca, Gran Bretagna) e dei due Paesi islamici (Emirati Arabi Uniti e Qatar) che aderiscono alla coalizione.
Al-Mijrah, parlando a Tripoli a nome dei capi spirituali libici, ha rivolto un appello ai "musulmani nel mondo intero" affinché per ogni vittima del raid a Brega (in totale 16 morti e circa 50 feriti dei quali 5 gravi), vengano «uccise mille persone».
«Siamo a conoscenza delle denunce a proposito di vittime civili in relazione all'attacco - recita una nota del comando Nato - e sebbene non siamo in grado di confermarne in maniera indipendente la fondatezza, ci rammarichiamo comunque per qualsiasi perdita di vite umane, quando essa si verifichi». La portavoce Carmen Romero ha poi dichiarato che «non c'è nessuna conferma che le vittime siano state provocate dalla Nato».
Ai funerali dei religiosi, in un cimitero di Chatia al Henchir a est di Tripoli, hanno assistito centinaia di persone, hanno scandito slogan come "jihad, jihad", "martiri della Libia" e "Dio, la Libia e Muammar" come ha constatato un fotografo dell'Afp. L'istigazione a compiere atti terroristici sembra evidenziare il tentativo del regime di trasformare il conflitto in una jihad contro i "crociati", termine ripetuto da Gheddafi anche nell'ultimo messaggio audio. Strizzando l'occhio agli estremisti islamici (che in passato ha duramente combattuto) il raìs pare voler intimidire alcuni Paesi che partecipano all'operazione "Unified Protector" per indurli a ritirarsi dalla campagna aerea.
Una strategia favorita dalla blanda pressione militare della Nato rivelatasi per nulla risolutiva e che dopo quasi due mesi di operazioni belliche sembra ancora ben lontana dalla vittoria su Tripoli, dove oggi è atteso l'inviato speciale dell'Onu, Adbel-Elah al-Khatib. Il prolungarsi del conflitto offre a Gheddafi l'opportunità di accreditarsi come un paladino dell'Islam che argina l'aggressione degli infedeli e la sua resistenza sembra contribuire a indebolire la posizione internazionale degli insorti. Ieri il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, in un'intervista al quotidiano arabo al-Hayat, ha proposto di intensificare la pressione militare sul regime, ma proprio a Parigi il leader del Consiglio nazionale di transizione libico, Mahmud Jibril, non ha voluto rilasciare dichiarazioni dopo l'incontro di 45 minuti con il presidente francese, Nicolas Sarkozy. Dall'Eliseo Jibril pare non aver ottenuto quel supporto militare e finanziario già negato venerdì a Washington dove l'incontro con il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Tom Donilon, non ha portato a nulla di più di un generico riconoscimento del Cnt quale «voce legittima che rappresenta il popolo libico». Nessun incontro con il presidente Obama né, come invece si attendeva Jibril, un riconoscimento ufficiale come quelli ottenuti da Francia, Qatar, Italia e Regno Unito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi