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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2011 alle ore 06:36.

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Un marchio, quello della grande banca d'affari americana a raggio globale, che dopo la crisi finanziaria ha perso parecchio smalto e anche un po' di reputazione, tanto che l'averlo nel curriculum professionale ha giocato in qualche modo a suo sfavore. Anche se il governatore ha più volte sottolineato di essere completamente estraneo dalle operazioni finanziarie spericolate che la banca d'affari avrebbe compiuto ai danni del Paese più in difficoltà di Eurolandia, la stessa Grecia che la Bce è ora impegnata a salvare. Poi, Draghi viene chiamato a Via Nazionale come successore di Antonio Fazio. Era la fine del 2005 e il suo compito è stato innanzitutto quello di restituire autorevolezza e prestigio alla Banca d'Italia, la cui immagine è uscita tutt'altro che indenne dallo scandalo dei "furbetti del quartierino".

Al nuovo governatore tocca anche riordinare il sistema bancario italiano, con le grandi fusioni degli ultimissimi anni. Da ultimo, Draghi è approdato sulla prestigiosa poltrona della presidenza del Financial stability board, l'organismo che riunisce i regulators (ministeri delle Finanze, banche centrali ,organismi di controllo del mercato) dei Paesi del G-20 e ha coordinato il faticoso percorso che sta portando i Paesi delle due sponde dell'Atlantico a produrre nuove regole finanziarie a prova di crisi.

La nota di orgoglio di appartenere all'Italia, un Paese dove, se è necessario, la gente sa rimboccarsi le maniche senza chiedere aiuto a nessuno, è risuonata più volte nei discorsi di Draghi, sotto forma di rievocazione della crisi del 1992. «Il Governo di Giuliano Amato – ha ricordato Draghi – elaborò un gigantesco piano di risanamento con il supporto tecnico della Banca d'Italia, con correzioni di bilancio pari al 5,6 per cento del Pil. Noi non andammo al Fondo monetario, non c'era nessun meccanismo di salvataggio europeo allora: semplicemente, poiché i mercati ritenevano credibile il nostro piano, riuscivamo a collocare i nostri titoli per importi di 50-60 miliardi di euro al mese».

Protagonista tra Roma, Bruxelles e Washington
Con i padri dell'euro

Mario Draghi è stato protagonista, in qualità di direttore generale del ministero del Tesoro, dell'entrata della lira nell'euro e dei negoziati sulla parità da attribuire alla valuta italiana rispetto alla moneta unica. Fu il braccio destro dell'allora ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, al suo fianco in tutti i principali incontri preaparatori dell'euro
Governatore da fine 2005
Nel dicembre 2005 succede ad Antonio Fazio
Alla guida dell'Fsb
Dal 2006 è presidente del Financial Stability Forum (poi Board), l'organo per la revisione delle regole della finanza.

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