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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2011 alle ore 07:40.

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ROMA. Silvio Berlusconi continua a rimanere in silenzio. Non Umberto Bossi, che invia al Cavaliere un messaggio chiaro: «Non ci faremo trascinare a fondo». Nel giorno in cui alla ripresa dei lavori parlamentari la maggioranza viene battuta per ben cinque volte, i Responsabili si spaccano e il Pdl sceglie di evitare il voto sul testamento biologico, per non trovarsi di fronte a ulteriori brutte sorprese, il Senatur e il premier si preparano ad affrontare il dopo Milano. Bossi garantisce che non è intenzionato a mollare l'alleato, a provocare la crisi («Non illudetevi...») ma è pronto a dettare le sue condizioni: un sostanzioso rimpasto di governo, che potrebbe includere anche un vicepremier del Carroccio, una strategia definita per il rilancio economico e la conclusione del percorso federalista. I due ieri sera si sono sentiti dandosi appuntamento per stamane a margine del Consiglio dei ministri.

Una riunione, quella di Palazzo Chigi, convocata all'ultimo momento e che guarda caso avrà all'ordine del giorno un nuovo decreto sul federalismo (si veda l'articolo a pag. 18). Il Cavaliere vuole tener buono l'alleato. Anche per questo ha dato l'ordine di lasciare in stand by i provvedimenti sulla giustizia (per la riforma non è stato fissato neppure il calendario), così come quello che avrebbe dovuto aumentare le poltrone nell'esecutivo per consentire l'ingresso di altri Responsabili (tant'è che alcuni hanno già annunciato di voler lasciare il gruppo) o il decreto per bloccare le demolizioni degli abusi a Napoli.

La Lega preme. Bossi ammette la «sconfitta», si mostra fiducioso sul ballottaggio («vinceremo»), attacca il terzo polo che non scegliendo con chi schierarsi al secondo turno «ha deciso di votare per la sinistra». Ma quel che più lo preoccupa è il dato deludente della Lega. E a poco serve dire – come ha fatto ieri – che la debacle milanese è colpa di una «campagna elettorale sbagliata». Nel mirino del Senatur ci sono sia il sindaco, Letizia Moratti, che il premier per l'eccessiva politicizzazione del test amministrativo.

Berlusconi però non la pensa così. Il premier sostiene che la sua presenza massiccia ha evitato un risultato ancora peggiore, che a sbagliare è stata soprattutto «Letizia». Quanto al dimezzamento delle preferenze la spiegazione è la seguente: «Gli elettori hanno pensato che non servisse ripetere il mio nome poiché già compariva nel simbolo». L'ordine di scuderia è tentare l'impossibile, riportare al voto tutti quegli elettori di centrodestra (almeno 40mila) che lo hanno disertato al primo turno.

Lo stesso vale per Napoli. «Forse ce la facciamo», diceva ieri Nicola Cosentino, coordinatore del Pdl campano, chiacchierando con alcuni colleghi nel Transatlantico della Camera. De Magistris però fa paura. «Altro che Lettieri, è l'ex Pm che interpreta bene il ruolo del candidato di rottura con il passato!», commentava amaro un ministro azzurro.
Nel partito si attende di vedere come andrà a finire. Ma l'aria che tira è pesantissima, con Il Giornale che attacca Formigoni e Cl accusandoli di non aver fatto la loro parte e il governatore lombardo che ribatte mettendo sotto accusa le prese di posizioni pro-Lassini del duo Santanché-Sallusti.

La Russa e Verdini continuano a ripetere che il risultato complessivo del Pdl non è negativo ma ieri Scajola, che guida una pattuglia di deputati dissidenti, è stato da Berlusconi. L'ex ministro non ha intenzione di rientrare al governo ma punta a un ruolo operativo nel Pdl.

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