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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2011 alle ore 13:57.

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Dallas, Dirk Nowitzki (Reuters)Dallas, Dirk Nowitzki (Reuters)

Se li chiamano, rispettivamente, Wunderdirk (cioè "Dirk Meraviglia", o "Dirk il Meraviglioso") e "Il Prescelto" (con annessa enfasi messianica), un motivo ci sarà. E Dirk Nowitzki e Le Bron James lo stanno facendo vedere in queste prime sfide delle semifinali di Conference. Entrambi a caccia del primo anello della loro carriera, entrambi con una feroce voglia di vincere, seppur con modi e strategie decisamente diverse.

La vendetta del Prescelto – Dopo il tremendo k.o. in gara-1, Miami scorna I Tori sul loro campo e riequilibra la finale Est, portandosi sull'1 a 1 e strappando ai Bulls il fattore-campo. Finisce 75 a 85, con gli Heat che raggiungono così il primo successo stagionale sui Tori.

Per arrivare alla finale, ora ne servono altri tre. È quello che ha in mente LeBron, che riscatta la penosa gara-1 con una prova tutta sostanza: 29 punti (12/21 dal campo), 10 rimbalzi e 5 assist. Chiaro poi che, se anche Wade si mette a fare la sua parte (24 punti), tutto diventa più facile per Miami. Soprattutto in una serata in cui nessuno dei Bulls è in palla: a partire da Derrick Rose (21 punti con 7/23), a Luol Deng (13 con 5/15), fino a Boozer, che dimezza il suo contributo rispetto a domenica (7 punti con 3/10), e Noah che arpiona appena 8 rimbalzi. Occhio poi a Korver: appena una tripla per lui, che finora ha avuto percentuali molto deludenti nella serie.

Fattore Udonis – Numeri, quelli dei Bulls, che testimoniano come a crescere di livello sia stata principalmente la difesa di Miami, che relega i Tori a un (magro) bottino di (appena) 75 punti, 2 negli ultimi 5 minuti di gara. Merito di tutti certo, ma in particolare del rientrante Udonis Haslem, fuori per buona parte dell'anno per un infortunio nel pre-campionato, e che coach Spoelstra ha rispolverato nel momento giusto. L'ala-centro ha dato consistenza (13 punti, 5 rimbalzi e una gran stoppata su Rose), intimidazione e leadership nel pitturato agli Heat. Senza contare che Udonis (già campione con Wade nel 2006) è il leader occulto dello spogliatoio. E non dimentichiamo che Miami può contare in panchina anche su quell'Eddie House che è letale tiratore da 3 e che un anello lo ha già vinto (a Boston nel 2008). Il suo momento potrebbe arrivare presto.

Fisico bestiale – È quello che ci vuole per uscir vincitori dalla sfida a Est, in particolare ora che nella serie è rientrato anche Haslem. E allora per Chicago ha pesato anche l'involontaria gomitata che il centro turco Asik s'è beccato da Wade, che lo ha messo fuori gioco per il finale di gara. Preziosa, infatti, si sta rivelando l'energia e la conoscenza del gioco dell'uomo del Bosforo, per far quadrare i conti difensivi di coach Thibadeau, che pure ha avuto la controprova di un altro dato indiscutibile: i Tori hanno un solo modo per battere Miami, cioè giocare giocare tutti bene e di squadra, senza poter contare su assoli immaginifici dei singoli. Può essere un'arma a doppio taglio.

Jason&Tyson – Decisamente consistente invece il supporting cast che Dallas ha messo in piedi quest'anno attorno a quel fenomeno di Nowitzki (vale la pena ricordarlo: 48 punti, con 12/15 dal campo e 24/24 ai liberi in gara-1 vinta dai Mavericks sui Thunder 121-112, malgrado i 40 punti di Durant). Due nomi su tutti: Il peso e i centimetri di Chandlet (arrivato dagli Hornets) sottocanestro; la crescita di Barea come play di riserva a fianco di Jason Kidd. Proprio l'ex bad boy dei Nets, raggiunte le 38 primavere, sembra essere il beneficiario della crescita collettiva del gruppo: minore pressione, minore responsabilità offensiva (ma maggiore precisione nel tiro da fuori), rotazioni più ampie che gli permettono di essere in campo nei momenti davvero decisivi, cioè quando non c'è nulla di meglio delle sue dolci mani per servire Nowitzki al momento e al posto giusto. A quel punto, Oklahoma si trova di fronte a un rompicapo difensivo da risolvere in fretta, se i Thunder vogliono dare un futuro alla serie.

Cleveland ci riprova – intanto il sorteggio ha regalato ai Cavaliers la prima scelta nel draft del 23 giugno. Per Cleveland l'occasione di pescare bene (forse puntando su Kyrie Irving, play di 19 anni uscito da Duke), per provare a scrivere una nuova storia, dopo l'addio di LeBron e la stagione chiusa da cenerentola della lega. E i Cavs potranno contare anche sulla quarta scelta. La seconda a Minnesota, poi toccherà a Utah.

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