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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2011 alle ore 06:37.

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FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
È un accesissimo braccio di ferro quello che si sta giocando sul futuro della Grecia. Ancora ieri leader politici e banchieri centrali si sono affrontati sull'ipotesi controversa di un riscadenziamento del debito greco. La Banca centrale europea ha ribadito la sua contrarietà, mentre in Germania pur di venire incontro alle pressioni del parlamento il governo federale sostiene l'idea di imporre ai privati in un modo o nell'altro di sobbarcarsi i costi della crisi.
Da Milano, Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce, ha ripetuto la posizione dell'istituto monetario: «Mi oppongo al riscadenziamento perché non so cosa voglia dire. Nessuno sa cosa voglia dire». Con questa parola si intende l'allungamento della scadenza di un debito su base volontaria, un'ipotesi emersa durante la recente riunione dei ministri finanziari della zona euro a Bruxelles all'inizio della settimana.
Il timore della Bce è in realtà di assistere in ultima analisi a una ristrutturazione mascherata del debito greco che scatenerebbe un drammatico effetto-contagio in tutta la zona euro. «Una ristrutturazione del debito greco non è la soluzione appropriata - ha aggiunto da Atene Jürgen Stark, membro del comitato esecutivo della Bce -. Provocherebbe una catastrofe». Dal canto suo, Bini Smaghi ha definito le recenti prese di posizione politiche «slogan vuoti».
La Grecia è in grave difficoltà. Il paese non sembra riuscire a rimettere ordine nei conti pubblici (il deficit è stimato al 9,5% del Pil quest'anno). L'idea di un riscadenziamento, vista con favore da paesi come l'Austria, l'Olanda o la Germania, riflette a seconda dei casi il desiderio di aiutare il paese mediterraneo a superare il momento più difficile o il tentativo di imporre ai creditori di sobbarcarsi una parte dei costi della crisi.
La politica interna tedesca, ancora una volta, è protagonista del dibattito. Ieri il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble è tornato a insistere sul fatto che i mercati debbano anch'essi essere coinvolti nel risanamento di un paese in crisi. «Se la sostenibilità di un debito non è raggiungibile il coinvolgimento del settore privato diventa obbligatorio». E ha aggiunto: «La separazione tra rischio e premio mina le fondamenta del capitalismo».
Dietro alla presa di posizione tedesca c'è l'evidente desiderio di rassicurare i settori dell'opinione pubblica contrari ai salvataggi sovrani e all'uso del denaro pubblico. Il Governo è sotto pressione, tanto più che nel prossimo futuro il Parlamento dovrà approvare il trattato per la nascita dell'Esm, il nuovo paracadute finanziario da 500 miliardi di euro che dal 2013 servirà ad aiutare i paesi in crisi debitoria.
Una dichiarazione politica in marzo ha stabilito che l'uso del nuovo fondo potrebbe essere associato a una ristrutturazione del debito. All'Eurogruppo di lunedì a Bruxelles, la Germania ha chiesto che questo aspetto fosse inserito nel trattato costitutivo dell'Esm. Membri delle delegazioni nazionali hanno rivelato che la discussione si è arenata dinanzi all'opposizione di alcuni paesi, tra cui la Francia, di trasformare un impegno politico in una norma legale.
Si capisce meglio l'uscita di Schäuble ieri in pubblico sulla necessità di coinvolgere i privati nelle conseguenze della crisi finanziaria. Oltre all'ipotesi di un riscadenziamento del debito greco, sul tappeto è anche il futuro trattato costitutivo dell'Esm. La battaglia sta avendo luogo mentre la maggioranza democristiana-liberale del cancelliere Angela Merkel, ai minimi nei sondaggi, rumoreggia nervosamente. Al ministero delle Finanze a Berlino è evidente il nervosismo sul prossimo passaggio in parlamento dell'Esm, così criticato da alcuni esponenti dell'Fdp e della Csu. In questo contesto, a Bruxelles e a Francoforte sta emergendo la consapevolezza che il superamento della crisi greca richiederà probabilmente formule che siano politicamente accettabili in Germania. Se non sarà il riscadenziamento del debito, cosa sarà?
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