Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2011 alle ore 09:44.

La piazza scuote il voto spagnoloLa piazza scuote il voto spagnolo

«No a Zapatero, no a Rajoy». Il grido della Puerta del sol si alza contro il premier socialista e contro il leader dell'opposizione. La rabbia delle piazze di Spagna accomuna i due maggiori partiti del Paese. Ma alla vigilia delle elezioni amministrative la rivendicazione del movimento 15-M finisce per rafforzare il Partito popolare già lanciato verso una schiacciante vittoria.

«Apoliticos, superpoliticos», dice un cartello affisso nel centro della capitale. «Vogliamo cambiare questo sistema dei partiti, non voteremo per i socialisti di Zapatero ma nemmeno per i popolari di Rajoy o per Izquierda Unida» dice Cristina Rodriguez, 23 anni, una delle tante voci di questa protesta. «Daremo la preferenza ai partiti minori, oppure - aggiunge - meglio annullare la scheda o votare scheda bianca».
È una degli «indignati», una tra le migliaia di spagnoli di questa sollevazione spontanea, nata dal passaparola della strada e dalla capacità di coinvolgere di internet.

Disoccupati, studenti, delusi ma non rassegnati. Non hanno leader, sono organizzati in comitati. Discutono. Non fanno scioperi, non hanno alle spalle partiti e sindacati. Non spaccano vetrine non bloccano treni. Sono forse il primo vero movimento nato dalla crisi economica in Europa: pacifici, colorati e determinati.

«Yes we camp». Si sono accampati nelle piazze di una quarantina di città: Madrid, Barcellona, Valencia, Siviglia, Caceres, Granada, Saragozza. Stanno cercando di coinvolgere le piazze delle capitali europee e dell'America Latina. Vogliono ripetere la primavera appena sbocciata nel Nord-Africa: a Barcellona i giovani di "Democrazia Real Ya!" hanno ribattezzato Plaza Tahrir la Plaza Catalunya.

Chiedono lavoro in un Paese nel quale ci sono cinque milioni di persone senza un impiego e la disoccupazione giovanile è al 44,6 per cento. Denunciano le corruzione della politica gli intrecci di interesse con le grandi banche, in una Spagna che ancora vive tra le macerie lasciate dal crollo del settore immobiliare e del sistema bancario «Perchè vincono i banchieri se non li abbiamo votati?», cantavano ieri gruppi di dimostranti a Valencia.

Le rivendicazioni ritmate in piazza da domenica scorsa sono diventate siti internet, blog, post su twitter, profili di facebook: «Toma la plaza», «toma la calle», prendiamoci le città. Rivendicano innanzi tutto il diritto democratico di manifestare. La Commissione elettorale centrale ha dichiarato illegali le concentrazioni della protesta oggi e domani, nella cosiddetta vigilia di riflessione e nel giorno del voto. Loro, "los indignados" di Porta del sol, hanno fatto sapere che non se ne andranno. Da quella che si è autoproclamata Repubblica libertaria di Puerta del Sol hanno fatto sapere che non cederanno, che rimarranno accampati e che a mezzanotte, quando dovrebbe scattare il "coprifuoco" «un grido muto di massa risponderà a divieti e alle censure».

Il primo ministro José Luis Zapatero ha dato segni di apertura alla protesta: «Ci sono ragioni che stanno alla base dello scontento, che fanno sì che si esprimano queste critiche. Dobbiamo ascoltare - ha detto il leader socialista - ed essere sensibili. I partiti politici devono migliorare». Il Governo non può intervenire per disperdere le manifestazioni: sarebbe il tradimento della storia democratica del Paese oltre che un suicidio elettorale.

Domani si vota in tutte le municipalità e in 13 delle 17 regioni autonome del Paese: il partito socialista rischia una batosta storica, potrebbe perdere Barcellona (dopo 32 anni), Siviglia e Cordova, una sorta di simbolo come può essere Bologna per la sinistra italiana.
La Spagna negli ultimi mesi si è staccata nella considerazione dei mercati dagli altri Pigs: Zapatero ha riformato il mercato del lavoro e ha rivisto il sistema pensionistico. Ha risanato il bilancio con manovre per 50 miliardi in due anni centrando gli obiettivi concordati a Bruxelles. Ma il rischio contagio da Atene e da Dublino come dalla vicina Lisbona non è ancora passato del tutto.

E la crisi è ancora in ogni famiglia. «Mia moglie, mia suocera, io stesso, siamo rimasti senza lavoro nell'ultimo anno, viviamo con una sola pensione. Vi sembra un Paese questo?», dice Viorel Sanchez, 54 anni, anche lui a Madrid con un cartello in mano che dice: «Senza lavoro, senza futuro ma senza paura».
Zapatero ha già dichiarato che non correrà alle politiche del prossimo marzo, la sua popolarità è sotto il 30%, il minimo dei suoi due mandati. Già domani sera, dopo l'annunciata vittoria, l'opposizione potrebbe chiedere il voto anticipato. «Sarà anche quella un'opportunità per il cambiamento, per cambiare tutto. E noi saremo ancora qui», dicono i portavoce del movimento 15-M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi